Una aggressione alla settimana e gli operatori sanitari che più subiscono violenze sono quelli che operano nei diversi pronto soccorso e soprattutto i camici bianchi impegnati nelle vecchie guardie mediche, oggi presidi di continuità assistenziale, diventati «avamposti sanitari», dove in 58 casi su 80 i medici operano da soli e in zone isolate. Tra il 2022 ed il 2023 sono stati 600 gli episodi di violenza fisica e verbale registrati nelle strutture sanitarie della Campania. Nel 2024, stando ai dati diffusi dall’Osservatorio salute lavoro del Dipartimento di Sanità pubblica dell’Università Federico II di Napoli, in collaborazione con l’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro, Inail, la Direzione della Prevenzione della Regione Campania e gli enti di pertinenza, sono oltre 150 gli episodi già registrati, di cui una cinquantina in provincia. Stiamo parlando di aggressioni, fisiche e psicologiche. È evidente che fin qui le azioni adottate non sono state sufficienti ad arginare una piaga che, ricordiamolo, rappresenta la prima motivazione di fuga di medici e infermieri, accanto alla necessità di scegliere proposte economiche maggiormente gratificanti. I posti di lavoro, nei pronto soccorsi, nei reparti nevralgici, durante le guardie mediche, nel servizio del 118, in ambienti notoriamente difficili come i reparti con malati psichiatrici, nonché le carceri, non sono più luoghi sicuri. Le aggressioni contro i professionisti sanitari in Italia sono aumentate del 38 per cento negli ultimi 5 anni a causa della carenza dei professionisti della sanità. Cause principali: carenza di personale e disorganizzazione, con biblici tempi di attesa per una visita o un esame nei reparti di emergenza-urgenza; assenza di dialogo tra personale sanitario e pazienti; piano presidi fissi delle forze dell’ordine non abbastanza efficace, visto che, soprattutto negli ospedali con maggiore bacino di utenza, gli agenti di polizia mancano all’appello negli orari più delicati, in particolare da mezzanotte alle sette del giorno dopo.

Tra le cause direttamente collegate all’aumento delle aggressioni si registra un +38 per cento delle aggressioni dovute alla carenza di professionisti della sanità; +24 per cento dovuto ai tempi liste d’attesa; + 23 per cento delle aggressioni dovute alle file lunghe per mancanza di comunicazione con il personale specialmente con e dopo la pandemia; + 5 per cento di pregiudizi nei confronti del personale sistema sanitario nazionale; + 5 per cento di risposte non adeguate da parte del personale sanitario e amministrativo ai familiari dei malati. Mediamente, ogni anno, sono una cinquantina gli operatori sanitari aggrediti fisicamente o verbalmente nel salernitano. Un numero certamente stimato per difetto, quello che emerge da alcune fonti di polizia, se si si tiene conto che solo 1 persona su 10 denuncia l’episodio violento cui è vittima, ma che lascia intendere quanto recrudescente sia diventato il fenomeno. Ad essere particolarmente esposti al rischio è il personale presente nei diversi pronto soccorso e soprattutto i camici bianchi impegnati nelle vecchie guardie mediche, oggi presidi di continuità assistenziale, diventati «avamposti sanitari», dove in 58 casi su 80 i medici operano da soli e in zone isolate. Risulta chiaro come il problema sia molto più grande di quello rilevato finora. Tutto questo in un clima che vede il personale sanitario costretto quotidianamente a lavorare in condizioni di forte difficoltà, tra carenze di organico e presidi di guardia medica sperduti, in condizioni di solitudine assoluta. In provincia di Salerno ci sono 9 pronto soccorsi, 56 presidi di primo soccorso e 80 di continuità assistenziale. Di questi ultimi, però, 64 sono collocati in zone isolate e in 58 casi è presente un solo operatore. Il medico più esposto è quello che lavora da solo. L’area più a rischio è quella cilentana. Stando al rapporto regionale sono previsti in questa area 114 medici, ma lasciando il territorio scoperto è normale che cresca anche l’insoddisfazione della gente e i fattori di rischio per il personale.

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