CASAL DI PRINCIPE – Aziende di allevamento di bufale, fondi agricoli ed immobili per un valore di oltre due milioni di euro sono stati sequestrati dagli uomini del Servizio Centrale Operativo

e della Squadra Mobile di Caserta al trentunenne Paolo Schiavone, figlio di Francesco alias “Cicciariello”, e soprattutto nipote di “Sandokan”. Tra i beni sequestrati in esecuzione del decreto emesso su richiesta della DDA di Napoli dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere – Sezione Misure di Prevenzione, collegio D, composto dai magistrati Raffaello Magi, Paola Lombardi e Roberto Attena, anche un appartamento ubicato a Caserta (in via Eleuterio Ruggiero, ndr) di proprietà della moglie di Schiavone, Federica Albero, figlia ventunenne di un noto commerciante del capoluogo, che dall’atto notarile risulta essere stato pagato, nel dicembre del 2009, 140mila euro, ma da indagini compiute presso l’Osservatorio del Mercato Immobiliare istituito presso l’Agenzia del Territorio, varrebbe più del doppio, quasi 300mila euro. Per i giudici i beni sarebbero stati acquistati con i proventi delle attività illecite realizzate da Paolo Schiavone, arrestato nel maggio del 2010 per associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni ed illecita concorrenza (reati aggravati dal metodo mafioso, ndr) dagli uomini della Squadra Mobile di Caserta e del Centro Operativo D.I.A. di Roma nell’ambito dell’operazione “Sud Pontino” che aveva svelato le infiltrazioni ed i condizionamenti dell’ala Schiavone del clan dei Casalesi nelle attività dei principali mercati ortofrutticoli del centro e del sud Italia, in collaborazione con importanti esponenti della mafia siciliana, tra cui Gaetano Riina, fratello del boss dei Corleonesi Totò, che controllavano il commercio all’ingrosso e la distribuzione di tali beni nei principali mercati dell’isola. Le indagini patrimoniali avviate a carico di Schiavone subito dopo l’arresto hanno permesso di verificare come il rampollo della famiglia malavitosa, tra il 2002 e il 2009, abbia avuto in totale entrate per 37.592 euro a fronte di uscite di gran lunga superiori, pari a 163.487 euro, sproporzione che giustifica il sequestro dei beni.

 

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