AVERSA. Il problema dei pendolari aversani costretti a lasciare le abitazione nel cuore della notte, alle ore 4 del mattino, per raggiungere puntualmente il posto di lavoro nella capitale a causa della mancata attenzione di Trenitalia potrebbe trovare una soluzione. La denuncia dell’ennesima beffa subita dovendo accettare l’aumento della tariffa, partito dal primo di aprile, di 12 euro per il costo di un abbonamento che ora supera, di pochi centesimi, la cifra di 200 euro mensili senza ottenere la fortemente richiesta modifica degli orari è stata raccolta dalla televisione nazionale e la questione sarà discussa nella trasmissione “Codice a barre”, condotta da Elsa Di Gati, in onda su Rai Tre, a partire dalle ore 10.50.

L’appuntamento è per martedì, in studio con la conduttrice sarà un rappresentante di Trenitalia e Augusta Fabozzi, portavoce del Comitato nato tra i pendolari per tutelare il diritto di chi paga profumatamente e in anticipo un servizio di cui spesso non può fare uso. Dopo aver fatto un breve riassunto della questione di cui hanno interessato, fino ad oggi senza successo, i politici locali ed amministratori di Trenitalia esporrà in dettaglio un punto particolare della questione, quello del costo complessivo che è a a carico di un lavoratore costretto a viaggiare da Aversa a Roma e ritorno per sbarcare il lunario. “Oltre ai 200 euro e passa del prezzo dell’abbonamento, per calcolare quanto esce dalle tasche diei pendolari, bisogna aggiungere spese aggiuntive , ma necessarie” dice Augusta Fabozzi. “I primi 15 euro sono per acquistare un blocchetto di buoni che dovrebbero assicurare un posto a sedere valido per 20 viaggi fatti sugli intercity, posto a sedere che spesso, comunque, non c’è. Poi ci sono 35 euro per viaggiare all’interno di Roma e 50 euro per il parcheggio alla stazione di Aversa raggiungendo la somma complessiva di 300 euro e spiccioli”. “Per tanti che prendono uno stipendio mensile inferiore ai mille euro sono tanti”. Un sacrificio economico che comunque farebbero con piacere se avessero la possibilità di viaggiare con orari decenti, in treni accoglienti e soprattutto se fosse sempre possibile accedere ai treni che arrivano ad Aversa spesso troppo affollati, cosicché capita che non si possa salire per “motivi di sicurezza”. Invece devono viaggiare come sacchi di patate, tenuti in piedi perché attaccati l’uno all’altro. Un problema che non è stato risolto in due anni di proteste e petizioni, inframmezzati dall’occupazione della sede ferroviaria. Inutile è stato il ricorso agli esponenti politici che hanno realizzato degli spot mediatici invece di andare direttamente al nocciolo della questione. Facendo, se occorre ed occorre, la voce grossa per tutelare il diritto di circa duemila persone che pagano ain anticipano chiedendo solo il rispetto di un contratto sottoscritto da Trenitalia con l’accettazione del pagamento dell’abbonamento. Ora grazie a “Codice a barre” qualcosa potrebbe cambiare.

 

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