Alfredo Cospito, il leader anarchico in sciopero della fame da quasi quattro mesi pe protestare contro il 41bis, resta in regime di carcere duro. Lo hanno deciso i giudici della Cassazione respingendo il ricorso della difesa contro la decisione del tribunale di sorveglianza di Roma, dopo una lunga camera di consiglio. Una decisione che ha fatto esplodere la rabbia degli anarchici che si erano dati appuntamento in piazza Cavour davanti al Palazzaccio – protetto da imponenti misure di sicurezza – per attendere il verdetto: ‘Assassini, assassini’, hanno urlato appena la notizia si è diffusa. «Sarete responsabili di tutto quello che succederà», hanno aggiunto minacciosi prima di iniziare a smantellare il presidio. I manifestanti sono stati monitorati da decine di agenti delle forze dell’ordine, anche in borghese, che si sono però sempre tenuti a distanza dai manifestanti e piazza Cavour ha continuato la sua vita regolare nonostante la presenza di una ventina di mezzi di polizia, carabinieri e guardia di finanza. Al presidio è passato anche l’avvocato di Cospito, Flavio Rossi Albertini, che ha definito la decisione della Cassazione una sconfitta del diritto. «Dopo la lettura della requisitoria del procuratore generale Gaeta pensavamo che il diritto potesse tornare ad illuminare questa buia vicenda. Ma la decisione di questa sera dimostra che ci sbagliavamo. Leggendo i pareri favorevoli della Dnaa, Dda e Dap inviati al Ministro – ha aggiunto – avevamo capito che la decisione ministeriale fosse stata politica e non giuridica». Cospito resta dunque al 41bis e per il momento è ancora ricoverato nel reparto penitenziario dell’ospedale milanese San Paolo, dove nei giorni scorsi aveva ripreso a prendere gli integratori perché voleva essere lucido proprio in vista della decisione della Cassazione. Ora bisognerà capire quali saranno le sue prossime mosse considerando che anche il Comitato di bioetica – al quale si era rivolto il ministro della Giustizia Carlo Nordio proprio per avere un parere sulla possibilità di intervenire con la nutrizione forzata nel caso le condizioni dell’anarchico dovessero peggiorare – ha preso ancora tempo. «Dopo un corale e approfondito dibattito – ha fatto sapere il Comitato – la plenaria ha ritenuto di proseguire l’analisi al fine di ottenere la massima convergenza possibile con riguardo alle delicate e complesse problematiche sottese, nel rispetto di tutte le posizioni sino ad ora emerse». Ad aprire una breccia verso la revoca del 41bis era stato lo stesso Pg della Cassazione Pietro Gaeta nella sua requisitoria scritta depositata l’8 febbraio: essere, o essere stato, il leader di gruppi anarchici ed essere riconosciuto come punto di riferimento per i suoi scritti o le condanne passate non sono ragioni sufficienti per mantenere Alfredo Cospito al 41-bis. Per farlo è necessario dimostrare e provare l’attuale legame con il mondo anarco-insurrezionalista. Era stato questo, in sintesi, il ragionamento del Pg ma evidentemente i supremi giudici della Prima sezione penale – presieduti da Angela Tardio – sono stati di diverso avviso. Nel ribadire la necessità del 41bis per l’anarchico, il Tribunale di Sorveglianza di Roma aveva invece sottolineato il pericolo che Cospito potesse, in regime ordinario, continuare ad esercitare «il suo ruolo apicale» tra gli anarchici anche fuori dal carcere. La detenzione ordinaria anche «in regime di alta sicurezza, non consentirebbe di contrastare adeguatamente l’elevato rischio di comportamenti orientati all’esercizio del suo ruolo apicale nell’ambito dell’associazione di appartenenza» affermavano, sostenendo inoltre che sussiste «un concreto pericolo, una qualificata capacità di Cospito di riprendere pienamente i vincoli associativi pur dall’interno del carcere, e di veicolare all’esterno e con autorevolezza disposizioni criminali». Visti questi presupposti, dunque, l’alta sicurezza non è sufficiente Ma non solo. Nell’ordinanza i giudici della Capitale hanno affermato che le comunicazioni di Cospito «con le realtà anarchiche all’esterno del circuito carcerario, appaiono assidue e producono l’effetto di contribuire ad identificare obiettivi strategici e a stimolare azioni dirette di attacco alle istituzioni». Una posizione che, stando al verdetto, è stata fatta propria dalla Cassazione. «Non saranno violenza e minacce a cambiare leggi e sentenze» esulta Matteo Salvini mentre per l’Allenza Verdi e Sinistra si tratta di una «decisione molto dura di cui prendiamo atto in attesa delle motivazioni».