Le indagini sul crollo al cimitero vanno avanti, la messa in sicurezza del sottosuolo prosegue lentamente a causa della necessità di consentire sopralluoghi per comprendere cos’è successo la notte del cinque di gennaio, quando un cedimento ipogeo ha generato il crollo di un’ala dell’edificio dell’arciconfraternita dei Dottori e di San Gioacchino. Durante il crollo molti loculi sono franati giù, e ancora adesso fra le macerie ci sono i poveri resti dei morti esposti all’aria, alle intemperie, alla pioggia. «Abbiamo presentato una richiesta alla Procura, che ha sequestrato l’area, per poter coprire con teli quelle salme – Don Salvatore Fratellanza è affannato, sta andando a un incontro con le famiglie di quei poveri morti – Però quel permesso ci è stato negato. I magistrati non permettono l’accesso a nessuno fino a quando le indagini e la messa in sicurezza non saranno conclusi». Insomma, da dieci giorni le spoglie di centinaia di napoletani restano esposte, in mezzo alle macerie di quel crollo, e non è possibile nemmeno provare a coprirle con un telo. Le famiglie di quei defunti sono sul piede di guerra, chiedono celerità nelle operazioni per poter ricomporre le salme dei loro cari, ma la situazione è ancora molto complessa. Intanto la Curia fa il possibile, offre conforto e sostegno a quelle famiglie e tenta di sostenerle anche nelle procedure burocratiche. Il vescovo Battaglia segue con attenzione anche questa vicenda e ha già annunciato che domenica prossima al Duomo celebrerà una messa proprio per i poveri morti del cimitero che oggi sono travolti nelle macerie. Si tratta di un segnale di attenzione e di vicinanza nei confronti di famiglie che, d’improvviso, hanno visto rinnovarsi il dolore del lutto.

Anche quando sarà possibile accedere all’area del crollo, però, la questione non sarà risolta perché la maggior parte di quelle salme non ha più un nome, e sarà un’impresa tentare di ritrovarlo. Quando i loculi si sono frantumati i corpi sono fuoriusciti e, in quel preciso momento, si è perduta la certezza dell’identità. In alcuni (rari) casi, le famiglie hanno fornito istruzioni per un tentativo di riconoscimento spiegando che al momento dell’inumazione o della tumulazione, i loro cari avevano al collo una catenina con una specifica immagine sacra oppure gli era stato lasciato fra le mani un sacro Rosario con particolari facilmente identificabili. Ma per la grande maggioranza dei defunti non esistono certezze sul possibile riconoscimento. Quando sarà finalmente possibile avere accesso all’area, arriveranno immediatamente in città i carabinieri del Racis, il raggruppamento delle investigazioni scientifiche dell’Arma, al comando del generale di brigata Riccardo Sciuto. Sarà inviato a Napoli il personale del nucleo speciale riconoscimento vittime di disastri che abitualmente opera in seguito alle catastrofi e, con mezzi speciali, riesce a restituire un nome ai defunti. Anche in questo caso nulla sarà lasciato al caso, anche se le operazioni appaiono estremamente difficili visto l’alto numero delle salme da identificare e il lunghissimo tempo (anni, talvolta decenni) intercorso dal giorno del decesso. Il crollo è avvenuto poco prima dell’alba dei cinque di gennaio. Le cause sono già state identificate nel cedimento di una paratia nella galleria della metropolitana, in fase di costruzione al di sotto del cimitero. Si tratta della seconda canna del tunnel di collegamento fra la stazione di Poggioreale e quella dell’aeroporto: un’opera che si inoltra per lunghi tratti in mezzo a una falda acquifera. Quella falda avrebbe dovuto essere irregimentata da possenti paratie di cemento, ma c’è stata una falla: la sera del quattro di gennaio il cantiere ha iniziato ad allagarsi, l’allagamento è diventato inarrestabile e così, durante la successiva notte, il materiale dilavato dall’acqua sotto la collina di Poggioreale ha causato il crollo dell’arciconfraternita. Attualmente l’intero cimitero monumentale è sotto sequestro per verificare se il cedimento può aver creato problemi statici ad altre strutture. Sulla vicenda indaga il pm Giuseppe Tittaferrante, magistrato in forza al pool coordinato dal procuratore aggiunto Simona Di Monte: l’ipotesi sul tavolo è quella di crollo o disastro colposo. Le verifiche sono affidate ai carabinieri del comando provinciale di Napoli, agli ordini del generale Enrico Scandone.

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