“Il Comitato del Consiglio d’Europa per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT), dopo le interlocuzioni avviate nei giorni scorsi dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale – con l’omologo ungherese (il Commissario per i diritti fondamentali d’Ungheria) e con i competenti organi del Consiglio d’Europa e della Ue sul trattamento e sulle condizioni di detenzione in Ungheria della nostra concittadina Ilaria Salis – ha formalmente rassicurato l’Organismo di garanzia italiano” che sta seguendo il caso con la massima attenzione. Lo rende noto il Garante. “È stato lo stesso Presidente del CPT Alan Mitchell a confermare, infatti, al Garante che l’Organismo da lui presieduto sta seguendo con particolare attenzione ogni sviluppo relativo alle questioni evidenziate, sia nel contesto delle sue visite in Ungheria (l’ultima delle quali è stata condotta nel maggio 2023), sia nel dialogo in corso con le autorità ungheresi”, spiega la nota. “Il Presidente Mitchell ha colto l’occasione, infine, per congratularsi con il Presidente D’Ettore e con l’intero nuovo Collegio del Garante insediatosi alla fine del mese di gennaio”, conclude la nota del Garante. Per il caso di Ilaria Salis “lo Stato ha fatto il possibile. Anche di più. Abbiamo oltre duemila cittadini in carceri straniere e per ciascuno ci attiviamo, nei limiti di norma”. Lo spiega il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, in un’ intervista al Corriere della Sera dove precisa che i genitori della ragazza in carcere a Budapest “non sono mai stati soli. Il padre l’ho incontrato due volte. E ci siamo mossi con doverosa sollecitudine, appena ci è stato prospettato il problema. Ma il nostro intervento ha un limite invalicabile: la sovranità della giurisdizione straniera”. Il padre di Ilaria Salis, Roberto, “ci ha chiesto di descrivere al giudice ungherese le garanzie offerte dallo Stato italiano in caso di applicazione degli arresti domiciliari. Era una richiesta irricevibile – precisa Nordio -. Se fosse stata una semplice spiegazione, il magistrato avrebbe potuto rispondere che anche lui conosceva la legge italiana. Se invece fosse stata una surrettizia richiesta di convertire la misura cautelare, sarebbe stata un’interferenza. L’idea che un ministro italiano possa suggerire a un giudice, italiano o straniero, come comportarsi, sarebbe vista, giustamente, come un sacrilegio”. In merito alla possibilità di chiedere gli arresti domiciliari in ambasciata, il ministro sottolinea ancora che questo è “impossibile. È territorio italiano, ma non ha né la struttura né la legittimazione a sostituirsi a un domicilio privato come luogo di detenzione. Se, in astratto, un detenuto si allontanasse, commetterebbe il reato di evasione punito dalla legge italiana, ma sarebbe arrestato in Ungheria che dovrebbe riconsegnarlo a noi. Avremmo un insolubile conflitto di attribuzioni, mai verificato”. “L’unica cosa che possiamo e stiamo facendo, è assicurarci che vengano rispettate le regole umanitarie ed europee sulla detenzione”, conclude il guardasigilli. “Stiamo riflettendo. Il piano A – ottenere aiuto dal governo italiano – è saltato. Adesso stiamo studiando dei piani alternativi. Il presidente della Repubblica è l’ultima arma che ci rimane”. Lo spiega Roberto Salis, il padre di Ilaria, la donna detenuta a Budapest da quasi un anno con l’accusa di avere aggredito degli estremisti di destra, in un’intervista a La Stampa dove dichiara di essere “furibondo” per l’esito degli incontri con i ministri Nordio e Tajani. “È stato un incontro sconfortante con entrambi. Ci hanno lasciati completamente soli. Mia figlia Ilaria rischia di stare ancora molto tempo in quella galera di Budapest – prosegue -. Rivedremo le manette ai suoi polsi e le catene ai piedi molte altre volte ancora”. A Roma, Roberto Salis e il suo legale erano andati per chiedere ai ministri “due documenti per sostenere la nostra richiesta di arresti domiciliari in Italia. Quei fogli di accompagnamento, firmati dai ministri, sarebbero serviti come garanzia per il governo ungherese. Ma li hanno negati entrambi – racconta -. Ci hanno detto che la nostra era una richiesta irrituale. Una domanda che rischiava di creare dei precedenti. E poi hanno detto che sarebbe stata, anche, un’excusatio non petita”. Il rapporto stretto tra Giorgia Meloni e Orban, secondo Salis, non può aiutare in questo caso. “No, io non credo a queste cose. Credo che ci sia una gestione inadeguata per problemi del genere – conclude -. Lo penso in assoluto. Infatti, credo che neppure con un altro governo le cose per Ilaria sarebbero cambiate più di tanto”.

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