La chiusura degli Opg è “un percorso difficile” ma “non si può tornare indietro”: è quanto afferma Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, l’associazione che sta monitorando la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari e che oggi si è recata in quattro dei sei strutture esistenti: Aversa, Castiglione delle Stiviere, Barcellona Pozzo di Gotto e Napoli. Molte delle persone che gli osservatori di Antigone hanno incontrato, rende noto l’associazione, avevano storie che parlano di un periodo di tempo molto più lungo passato in misure di sicurezza – all’interno degli Opg – di quella che sarebbe state le pene massima da scontare se fossero stati condannati al carcere. Spesso autori di reati non gravi. Come ad esempio un ragazzo internato ad Aversa che dal 2007 è in Opg per resistenza a pubblico ufficiale. “Non ci aspettiamo miracoli da un momento all’altro – dice Gonnella – ma il proseguimento di un percorso necessario dal quale non dobbiamo tornare indietro, facendoci magari spaventare da possibili difficoltà emerse in alcuni territori nell’accogliere queste persone”. “Più visitiamo gli Opg – ha spiegato Susanna Marietti, coordinatrice nazionale dell’associazione – più ci rendiamo conto che la maggior parte dei casi hanno poco a che vedere con la sicurezza pubblica. A tal proposito è importante che non venga riprodotta una logica per troppo tempo vista negli Opg, ma che sia messo al centro un progetto di cura che non sia solo sedazione, ma un progetto terapeutico con la presa in carico sociale della persona”.

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