Intercettazione dopo intercettazione, inchiesta dopo inchiesta, emerge in tutti i suoi aspetti il ”verminaio” di Reggio Calabria creato dalle collusioni tra ambienti politici e giudiziari ed esponenti di primo piano della ‘ndrangheta. A fare ulteriore luce sugli intrecci perversi di cui e’ composto il sistema di potere reggino, complesso e con importanti diramazioni in Lombardia, contribuisce adesso l’inchiesta condotta dalla Dda di Milano che ha portato all’arresto di dieci persone tra cui il presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio, Vincenzo Giglio, di 51 anni, che presiede anche la prima sezione della Corte d’assise, ed il consigliere regionale del Pdl Franco Morelli, di 53 anni, politicamente vicino a Gianni Alemanno, esponente di punta prima di An e poi del Pdl e gia’ capo di gabinetto dell’ex presidente della Regione Calabria, Giuseppe Chiaravalloti.
Morelli viene indicato dai magistrati come l’anello di collegamento tra le cosche e gli ambienti politici nazionali. Dall’inchiesta, cui si accompagna quella parallela condotta dalla Dda di Reggio Calabria coordinata dal procuratore Giuseppe Pignatone, emerge la vicinanza di Morelli, al quale sono contestati il concorso esterno in associazione mafiosa, la corruzione e la rivelazione di atti coperti da segreto, alla cosca di ‘ndrangheta dei Valle-Lampada, un esponente della quale, Giulio Giuseppe Lampada, figura tra gli arrestati. L’inchiesta della Dda di Reggio ha portato, a sua volta, al fermo dell’avvocato Vincenzo Minasi, di Palmi, ed alla perquisizione negli studi di altri due legali, Francesco Cardone e Giovanni Marafioti, dei Fori di Palmi e di Vibo Valentia. Un ruolo rilevante, nell’ambito dell’associazione mafiosa con a capo i Valle-Lampada, sarebbe stato svolto, secondo l’accusa, da Vincenzo Giglio, che sarebbe stato al centro del sistema di potere scoperto dai magistrati della Dda di Milano coordinati dal procuratore aggiunto, Ilda Boccassini. Sarebbe stato Giglio a rivelare gli atti coperti da segreto a Franco Morelli. E sarebbe stato lui a fare in modo, attivandosi sempre con Morelli, perche’ la moglie, Alessandra Sarlo, venisse nominata nel 2010 commissario dell’Azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia, poi sciolta per infiltrazioni mafiose rilevate dalla Commissione d’accesso nominata dal prefetto anche per fatti accaduti durante la gestione della Sarlo. Alessandra Sarlo e’ rimasta alla guida dell’Azienda sanitaria fino al gennaio scorso. Ma a conclusione del suo mandato non e’ rimasta disoccupata. Tutt’altro. E’ stata assunta, infatti, dalla Regione Calabria come dirigente generale del settore Controllo strategico. C’e’ poi un altro magistrato calabrese che e’ coinvolto nell’inchiesta. E’ il giudice del Tribunale di Palmi Giancarlo Giusti, che e’ soltanto indagato.