Silvio Berlusconi ascolto’ la telefonata tra Piero Fassino e Giovanni Consorte nella quale l’allora presidente di Unipol informava l’ex leader dei Ds della tentata scalata di Bnl a Unipol. E’ quanto sostengono i giudici della quarta sezione penale del tribunale di Milano nelle 90 pagine di motivazione al verdetto col quale hanno inflitto un anno di carcere all’ex premier per concorso in rivelazione di segreto d’ufficio. “Quella sera la registrazione audio venne ascoltata attraverso il computer, senza alcun addormentamento da parte di Silvio Berlusconi, o inceppamento del pc”, scrivono i giudici.
Nelle motivazioni alla sentenza con la quale, nel marzo scorso, Silvio Berlusconi e’ stato condannato a un anno di carcere, i giudici di Milano sottolineano “il ruolo precipuo del premier” nella vicenda della pubblicazione della telefonata Fassino-Consorte, in relazione al ‘peso’ politico che quella conversazione avrebbe potuto avere. “Deve ritenersi – scrivono i giudici – che Silvio Berlusconi abbia ricevuto, quella sera a casa sua, ad Arcore, la visita di Favata e Petessi (coloro i quali gli portarono materialmente il nastro registrato, ndr), insieme al fratello, essendo ben consapevole del motivo per cui si svolgeva quella visita, in parte destinata a fargli sentire la famosa telefonata, nella chiara prospettiva della sua pubblicazione, di peculiare interesse in quel periodo pre-elettorale, tenuto conto della gia’ sottolineata portata politica di quella conversazione”. “Il ruolo precipuo del premier – continuano i giudici – era collegato, certamente, alla strenua richiesta di Raffaelli di incontrarlo per potergli presentare personalmente il suo progetto e ottenere l’appoggio, atteso che, secondo quanto lui stesso ha affermato, non avrebbe ceduto la chiavetta se non in quella occasione. Inoltre la sua qualita’ di capo della parte politica avversa a quella di Fassino, rende logicamente necessario il suo benestare alla pubblicazione della famosa telefonata, non potendosi ritenere che, senza il suo assenso, quella telefonata, che era stata per altro a casa sua, fosse poi pubblicata, a prescindere dalle espressioni di soddisfazione riferite da Favata a Petessi all’epoca dei fatti”. L’espressione “abbiamo una banca” pronunciata dall’allora segretario dei Ds Piero Fassino al telefono con l’ex numero uno di Unipol Giovanni Consorte era “significativa della capacita’ della sinistra di ‘fare affari’ e mettersi a tavolino con i poteri forti, in aperto contrasto con la tradizione storica, se non di quel partito, quanto meno dell’orientamento del suo elettorato”. E’ quanto si legge nelle motivazioni della sentenza con cui il Tribunale di Milano, lo scorso marzo, ha condannato Silvio Berlusconi a un anno di carcere e il fratello Paolo a due anni e tre mesi.L’accusa e’ concorso in rivelazione del segreto d’ufficio. I giudici scrivono che il contenuto di quella telefonata, pubblicata alla fine di dicembre 2005 su Il Giornale sebbene ancora coperta dal segreto istruttorio, “venne sfruttato politicamente”.