Resta ancora senza leader il Movimento 5 Stelle, questa mattina il giudice istruttore della VII Sezione Civile del Tribunale di Napoli, Francesco Paolo Feo, ha rigettato il ricorso presentato dagli avvocati di Giuseppe Conte contro la sopensiva che aveva, di fatto, detronizzato il partito grillino. Conte era stato sospeso dal Tribunale partenopeo dopo un ricorso presentato da tre attivisti napoletani difesi dall’avvocato Lorenzo Borré. Per il Tribunale il voto online con il quale l’ex premier era stato eletto presidente del Movimento 5 Stelle non era valido perché erano stati illegittimamente esclusi dalle urne gli iscritti da meno di sei mesi alla piattaforma telematica M5s. Si apre ora uno scenario intricatissimo per il Movimento 5 Stelle che aveva proclamato un nuovo voto per il 10 e 11 marzo per riconfermare le modifiche del proprio Statuto e rimettere Giuseppe Conte in sella al partito grillino. Una scelta che, se venisse portata avanti, potrebbe portare all’impugnazione anche di questa ulteriore votazione e annullare nuovamente tutto. Sono bastati tre semplici attivisti per inceppare l’intero regolamento del Movimento 5 Stelle come dei granelli di sabbia che bloccano un intero e gigantesco meccanismo. Soddisfazione è stata espressa dall’avvocato dei ricorrenti Lorenzo Borré per la sentenza di rigetto presentata dal Movimento 5 Stelle dal legale di Conte, Francesco Astone.
«Rilevato – scrive il giudice – che l’istanza in esame si fonda sulla produzione del documento qualificato “regolamento”, datato 8 Novembre 2018, dunque già da tempo esistente al momento dell’adozione delle delibere impugnate e che avrebbe legittimato l’esclusione dal voto degli iscritti da meno di sei mesi (sicché sarebbe superata, secondo l’istante, la motivazione sulla base della quale il Tribunale è giunto alla pronuncia di sospensione); tale documento, stante quanto prospettato nell’istanza di revoca, non sarebbe stato prodotto prima in giudizio perché, di esso, l’istante Associazione sarebbe venuta a conoscenza solo dopo la pronuncia dell’ordinanza di sospensione; considerato, in linea generale, che l’istanza di revoca e la riproposizione della domanda cautelare non può trovare luogo ove fondata su ragioni di fatto e di diritto preesistenti alla pronuncia cautelare, a meno che di esse non venga allegata e dimostrata l’avvenuta conoscenza e conoscibilità solo in un momento successivo; ritenuto, ciò premesso, che il dedotto “regolamento” è atto promanante dalla stessa Associazione che lo ha prodotto in giudizio, trattandosi di atto ad essa interno, regolante un aspetto fondamentale della sua organizzazione e del suo funzionamento ed emanato dagli stessi organi apicali dell’Associazione e quindi da intendersi per ciò stesso conosciuto, o comunque sicuramente conoscibile, fin dalla sua adozione, né potendo evidentemente aver rilievo, sul piano della sua conoscibilità, il fatto che la funzione di organi rappresentativi dell’ente fosse, al momento della introduzione di questo contenzioso, rivestita da persone diverse da quelle del tempo in cui il regolamento fu adottato (peraltro la funzione di presidente del Comitato di Garanzia al momento della convocazione dell’assemblea per l’adozione delle delibere impugnate era rivestita dalla stessa persona che la rivestiva al momento della assunzione del regolamento); rilevato inoltre che il regolamento in esame risulta già dedotto in controversia, visto che i ricorrenti (contestandone la mancata pubblicazione, la mancanza di data certa ed il fatto che non fosse stato proposto dal Comitato direttivo) avevano già nell’atto di citazione specificamente argomentato su di esso, che pare esser richiamato, anche se solo genericamente e senza indicazione della data di emissione o di altro elemento specificativo, nell’avviso di convocazione dell’assemblea del 17 Luglio 2021, in forza del quale erano stati ammessi al voto solo gli iscritti da oltre sei mesi; inoltre, nel verbale di udienza del 2 Febbraio 2022 (innanzi al Collegio, in sede di reclamo), i ricorrenti contestavano ancora che l’avviso di convocazione dell’assemblea faceva riferimento ad un regolamento che doveva esser ritenuto inesistente».