Mario Monti non intende accettare sconfitte al vertice europeo di Bruxelles dedicato al bilancio, consapevole che una soluzione penalizzante per l’Italia potrebbe avere ripercussioni anche interne. Per questo il presidente del Consiglio non esita a fare la ‘faccia cattiva’ annunciando che il governo è pronto a mettersi di traverso se il compromesso dovesse risultare “inaccettabile”. E’ un negoziato “molto serio e difficile”, afferma il capo del governo arrivando a metà pomeriggio al Justus Lipsius, sede del Consiglio europeo.

L’inizio del vertice straordinario è previsto la sera, ma il premier ha in programma una seria di bilaterali: con il presidente dell’Ue Herman Van Rompuy, con la cancelliera tedesca Angela Merkel, con il presidente francese Francois Hollande. In ballo, ricorda il capo del governo italiano, ci sono “i prossimi sette anni della Ue”. Spiega di avere tre obiettivi “essenziali”: equità, solidarietà e uso efficiente delle risorse. La proposta di compromesso messa sul tavolo da Van Rompuy non gli piace per nulla: “L’Italia finora è stata sproporzionatamente penalizzata”, afferma Monti, ricordando che per il governo “non è così importante il limite totale al bilancio, ma è assolutamente essenziale che l’Italia ottenga risultati migliori di quelli delle bozze arrivate fino ad oggi per il fondo di coesione, l’agricoltura e i meccanismi di ripartizione”. Insomma, conclude, “non accetteremo soluzioni che consideriamo inaccettabili” e “avremo nei confronti dell’Europa lo stesso rigore che stiamo dimostrando nei confronti di noi stessi”. Frase, quest’ultima, che dimostra come Monti, dopo i tanti sacrifici chiesti agli italiani, non intenda tornare a casa con meno risorse Ue di prima. Evita di proposito la parola ‘veto’: ragioni di tattica diplomatica lo sconsigliano visto che a differenza del vertice di fine giugno, in cui in ballo c’era lo ‘scudo anti-spread’, l’Italia non è affiancata dalla sola Spagna nel tentativo di piegare i ‘rigoristi’. Oltre a Madrid, infatti, dalla sua parte ci sono Parigi, Bruxelles e persino – almeno per quanto concerne l’agricoltura – l’ ‘austera’ Vienna. Anche con la Germania, invece, il problema non è l’ammontare dei tagli, ma la loro composizione. Mentre la distanza con le richieste di Londra, che preme per una riduzione ancora maggiore del bilancio Ue, resta siderale. “Non si può parlare di veto perché non siamo soli; ci muoviamo all’interno di un blocco di Paesi piuttosto compatto e determinato”, spiegano dalla delegazione italiana. Ciò non significa che Monti intenda spogliarsi del tutto dei panni – a lui più congeniali – del mediatore: “Avremo un atteggiamento costruttivamente fermo”, spiega una fonte diplomatica, sintetizzando perfettamente l’intenzione di evitare una impasse, che rischia di essere pericolosa anche sul fronte dei mercati, ma senza cedere troppo. Resta il fatto che l’arma del veto è tuttora in campo, come autorevolmente confermato nei giorni scorsi da Enzo Moavero, ministro per gli Affari europei e grande consigliere di Monti sullo scacchiere europeo. Al termine delle bilaterali, nella delegazione italiana si parla di qualche “progresso”, ma si precisa subito che le distanze permangono. Che la partita sia importante appare confermato dalla composizione della delegazione italiana: oltre a Moavero, il premier ha voluto con sé i ministri Catania, responsabile dell’Agricoltura, e Barca, titolare della Coesione territoriale. Entrambi con grande esperienza comunitaria. Segno che il premier vuole negoziare ogni aspetto della complessa e delicata trattativa.

 

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