L’Eurozona, schiacciata da una ”disoccupazione drammatica”, deve rileggere Karl Marx: e’ inaspettato l’invito del presidente uscente dell’eurogruppo Jean Claude Juncker, che sceglie il suo ultimo intervento al Parlamento europeo per risvegliare l’Europa dal trauma di mesi di austerita’ e spiegarle che ‘Unione economica’ non significa solo conti in ordine, ma anche societa’ senza squilibri. La soluzione e’ quindi nella riscoperta della dimensione sociale, e in misure come il salario minimo garantito: ”Altrimenti, per dirla con Marx, perderemmo l’approvazione della classe operaia”.

Juncker non e’ soddisfatto dell’Europa di oggi, perche’ non e’ ne’ equa e ne’ solidale: ”Avevamo detto che l’euro avrebbe riequilibrato la societa’ ma invece la disoccupazione aumenta, oggi e’ drammatica, ed e’ una tragedia che stiamo sottovalutando”, ha spiegato agli eurodeputati. Per il presidente dell’eurogruppo, che il 21 gennaio lascera’ l’incarico, e’ ora di reindirizzare lo sguardo, orientandolo verso la dimensione sociale che e’ ”la parte carente dell’Unione economica e monetaria”. Serve subito, ad esempio, una misura come il ”salario minimo garantito in tutti i Paesi dell’eurozona” per ridurre gli squilibri, e poi ”politiche del lavoro piu’ attive”. Juncker, negli ultimi tempi sempre piu’ deluso dal comportamento dei Paesi del Nord Europa, lamenta anche la mancanza di solidarieta’ e la divisione tra Nord e Sud: ”Il Nord non e’ piu’ virtuoso del Sud, siamo diventati arroganti e non amiamo chi non e’ come noi”, ha spiegato, ricordando come lui abbia invece proposto ”un sistema di ricompensa” per chi come Grecia, Irlanda e Portogallo e’ stato costretto a drastiche misure di austerita’. Misure sulle quali Juncker si e’ detto ”pieno di interrogativi”. Sempre in tema di delusioni, al premier lussemburghese non piace l’Europa di oggi anche perche’ non ha una visione di lungo respiro, ma si limita a rispondere alle emergenze. Dando cosi’ una brutta immagine di se’ a chi come gli Usa le fa domande sul suo futuro: ”Non c’e’ accordo sulla strada da imboccare nei prossimi anni, gli Usa e gli altri ci interpellano a proposito e noi abbiamo solo risposte di cortissimo respiro”, ha ammesso amaro, ricordando come nell’ultimo vertice europeo i leader fossero divisi sulla ‘road map’ per creare un’Europa piu’ integrata. L’austerity insomma non piace a Juncker, esponente del Ppe, che comunque non vede venire un periodo facile: ”I tempi che viviamo sono difficili, non dobbiamo dare all’opinione pubblica l’impressione che il peggio sia alle nostre spalle perche’ ci sono ancora cose da fare molto difficili”. Ma a differenza dei falchi del Nord, per il lussemburghese e’ tempo di ridefinire la rotta, magari allentando i vincoli per dare piu’ respiro ai Paesi stremati da misure per sanare i bilanci. Difficile pero’ che l’arrivo di un olandese alla testa dell’eurogruppo – e’ favorito il ministro delle Finanze Jeroen Dijsselbloem – spinga ‘a sinistra’ il corso dell’eurozona.

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