Associazione per delinquere. E’ l’accusa che la procura di Napoli contesta a Valter Lavitola, latitante in Sudamerica, in relazione in particolare – secondo quanto si e’ appreso – ai finanziamenti pubblici ricevuti dal quotidiano L’Avanti! di cui il faccendiere e’ stato fino a pochi giorni fa direttore.

Una notizia che arriva nel giorno in cui Lavitola e’ stato formalmente indagato a Bari per la vicenda escort. E’ accusato di aver indotto Gianpaolo Tarantini a rendere false dichiarazioni all’autorita’ giudiziaria barese nell’ambito delle indagini sulle ragazze che Gianpi ha portato nelle case del premier Silvio Berlusconi. Riguardo all’inchiesta di Bari, Lavitola sarebbe allo stato l’unico indagato e l’iscrizione – fanno notare in procura – e’ un atto dovuto. Il faccendiere e’ latitante dal primo settembre scorso quando si e’ sottratto al provvedimento di arresto per estorsione emesso dal gip di Napoli. Lo stesso giudice si e’ poi dichiarato incompetente e ha inviato gli atti a Roma che li ha rigirati a Bari al termine di un balletto sulla competenza territoriale e sulla qualificazione giuridica dei fatti. Proprio per coordinare il lavoro da svolgere e per scambiarsi informazioni, nei prossimi giorni i pm di Bari, Lecce, Roma e Napoli, titolari delle indagini sui rapporti tra Berlusconi, Tarantini e Lavitola, terranno una riunione operativa. La presenza dei magistrati leccesi sarebbe riconducibile al fatto che i pm hanno in corso un’indagine nella quale e’ indagato il procuratore di Bari, Antonio Laudati, accusato dal suo sostituto, Giuseppe Scelsi, di aver rallentato l’inchiesta sulle escort terminata il mese scorso con otto avvisi di conclusione delle indagini. Dal fitto riserbo imposto dal titolare del fascicolo su Lavitola, il procuratore aggiunto di Bari Pasquale Drago, emerge che il magistrato non avrebbe finora preso alcuna decisione sull’eventuale iscrizione del capo del governo nel registro degli indagati. Il pm si sarebbe riservato di farlo solo dopo un esame piu’ approfondito degli atti giunti a Bari venerdi’ scorso da Roma, dopo che il tribunale del Riesame di Napoli ha riqualificato l’accusa di estorsione (contestata a Lavitola, a Tarantini e alla moglie di quest’ultimo) in induzione a rendere false dichiarazioni e ipotizzando, quindi, il coinvolgimento del premier quale istigatore del reato in concorso con Lavitola. Entro la prossima settimana, inoltre, il pm Drago dovrebbe chiedere al gip un nuovo ordine di arresto per Lavitola. I tempi sono stretti perche’ il 16 ottobre il mandato di cattura emesso dal gip di Napoli a carico del faccendiere-latitante perdera’ di efficacia. Se Drago condividera’ l’impostazione del tribunale del Riesame di Napoli e’ presto per dirlo. Di fronte a se’ ha diverse ipotesi di lavoro: tenere ferma l’accusa di induzione a mentire (e in questo caso inevitabilmente il nome del premier finirebbe nel registro degli indagati), oppure ipotizzare un reato totalmente diverso da quelli finora ventilati, ma anche la stessa estorsione contestata dal gip di Napoli a Lavitola e ai coniugi Tarantini con Berlusconi persona offesa. In attesa delle decisioni della procura di Bari, un’altra tegola giudiziaria cade arriva sulla testa di Lavitola ancora una volta da Napoli. Da quanto si evince dal decreto con cui, nei giorni scorsi, la Procura ha disposto la perquisizione della sede dell’Avanti!, a Roma, il faccendiere risulta indagato per associazione per delinquere, insieme a persone allo stato sconosciute. I pm Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock ravviserebbero infatti ”molte opacita”’ nei rapporti tra il quotidiano e i fornitori di servizi. Il nuovo filone d’inchiesta riguarderebbe, tra l’altro, i fondi per l’editoria (21 milioni di euro nel periodo compreso tra il 2003 e il 2009), ma anche la pubblicita’ sul giornale, che potrebbe essere servita a mascherare un giro di tangenti, tenuto conto che l’importo delle inserzioni pubblicitarie non risulterebbe proporzionato alla diffusione assai scarsa dell’organo di stampa. La presunta associazione per delinquere sarebbe stata cosi’ finalizzata alla truffa – si sospetta infatti che il denaro sia stato distratto da Lavitola e dirottato su attivita’ personali, – ma anche a mettere in atto fatturazioni per operazioni inesistenti. Sulla vicenda gli inquirenti mantengono il riserbo, limitandosi a rilevare come le varie inchieste avviate dalla Procura di Napoli negli ultimi mesi (P4, caso Milanese, elargizioni di denaro dal premier Berlusconi a Gianpaolo Tarantini) si siano fortemente intrecciate tra loro

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