«Piena correttezza e legittimità delle iniziative giudiziarie della Procura della repubblica di Napoli». A difendere la gestione di una delle indagini più delicate condotte dai pm partenopei in questo periodo, è il procuratore Giovanni Colangelo, che rompe il silenzio dopo le critiche esposte dagli avvocati dell’imprenditore Alfredo Romeo, accusato di corruzione, ma anche di concorso esterno in associazione camorristica. Come è noto, secondo la Procura di Napoli, Romeo avrebbe garantito l’assunzione di alcuni dipendenti in odore di camorra, appena vinto l’appalto sulle pulizie al Cardarelli, finendo così coinvolto nelle maglie di una indagine della Dda di Napoli sul pressing della camorra sugli appalti ospedalieri. «Si esclude qualsiasi finalità strumentale» e si ribadisce «la piena correttezza e legittimità delle iniziative giudiziarie della Procura di Napoli, delle quali da tempo l’indagato aveva formale conoscenza». Fonti della Procura evidenziano che Romeo era da tempo messo a conoscenza dell’indagine a suo carico e delle ipotesi formulate dagli inquirenti, in seguito alle perquisizioni disposte dai pm e dall’invio di un invito a rendere interrogatorio per il 23 dicembre scorso, interrogatorio al quale Romeo ha deciso di non sottoporsi. Nel corso delle indagini Romeo era stato intercettato attraverso il sistema «trojian», e la legittimità dell’utilizzo degli elementi emersi da tale attività – sottolineano le fonti – è stata riconosciuta dal Tribunale del Riesame, che è intervenuto sui vari decreti di sequestro notificati a partire dallo scorso novembre dalla Procura di Napoli. Al procuratore Colangelo, controreplicano gli avvocati Carotenuto, Sorge e Vignola, difensori di Romeo: «Non emerge alcun fatto storico che possa fare pensare a collusioni con il crimine organizzato. Non emerge quali possano essere stati i vantaggi per i clan camorristici, tenuto conto che il personale è lo stesso di quello precedente. La Romeo Gestioni per ben otto volte si è rivolta alle Autorità amministrative e giudiziarie – ivi compresi gli uffici della Procura di Napoli -, inviando fin dal primo giorno di attività gli elenchi nominativi delle maestranze. Esposti e denunce a cui non è mai stato dato alcun seguito. Di qui le nostre perplessità in ordine alle illegittime modalità e durata e invasività delle indagini a carico del nostro assistito e di chi – del tutto estraneo agli ambienti del Cardarelli – con lui veniva in contatto. Indagini, ricordiamo, durate oltre due anni e mezzo, superando di gran lunga ogni termine previsto per le indagini sulla pubblica amministrazione».