La famiglia della Casa del Bracciale d’Oro, la mamma che muore insieme con il piccolino seduto sul suo grembo, un uomo ed un altro bambino, forse di due anni, vittime dell’eruzione del Vesuvio nell’antica Pompei.

Sono le scene più strazianti degli 86 calchi giunti alle ultime fasi di restauro per essere inseriti nella mostra “Pompei e l’Europa. 1748­1943″ in programma dal 26 maggio tra Pompei scavi ed il Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Hanno denti che sporgono tra le labbra stirate dalla sofferenza e sotto la cenere incrostata sulla pelle, sporgono crani, tibie, mandibole di uomini e donne colti nell’estremo istante della morte. Quando, cioè, alla seconda devastante eruzione, una nube ardente di 300 gradi bruciò in un sol colpo la superficie dei corpi, lasciando le interiora molli, e poi li seppellì di cenere e lapilli. I corpi furono riportati alla luce nel 1863 dall’archeologo Giuseppe Fiorelli che ideò la tecnica con cui rilevare i calchi delle vittime dell’eruzione, per estrarli intatti dagli scavi. ”Finora non erano stati censiti, per un sentimento etico con il quale sono stati sempre trattati questi resti umani. Non sono statue di gesso né bronzi, ma persone vere e con rispetto vanno trattate”, dice il Soprintendente archeologico di Pompei, Ercolano e Stabia, Massimo Osanna che ha voluto una mostra di sole vittime umane. I restauri riguardano anche gli animali, ma i resti del maialino di Boscoreale e del cane di Pompei non entreranno a far parte della mostra. ”Abbiamo voluto realizzare un restauro per la conservazione e la conoscenza ­ aggiunge Osanna ­ nell’ambito del Grande Progetto Pompei operano archeologi, restauratori, radiologi, ingegneri per rilievi scanner­laser e un antropologo per delineare un profilo bio antropologico e genetico individuale di ognuna delle vittime, per conoscerne il Dna e accomunarle per famiglie, per capire se fossero schiavi ed il loro modo di vivere”. Accanto al laboratorio di restauro nell’Insula occidentalis, altri cantieri operano nell’Orto dei Fuggiaschi e nei pressi di Porta Nocera. Al termine dei lavori, 20 calchi saranno parte della mostra nell’Anfiteatro, in uno spettacolare allestimento dentro una piramide in legno e metallo con un raggio di luce che entra, per un richiamo alla Sala della Meridiana del Museo arecheologico di Napoli, dove verranno esposti oggetti e arredi. Al termine del restauro, immagini e conoscenze acquisite dai ricercatori diverranno oggetto di una pubblicazione e di un documentario a cura della società di restauro Atramentum di Salerno. Accanto al laboratorio della Casa del Bracciale d’Oro, due macchinari lavorano costantemente per riprodurre in 3D ed in scala originale 10 calchi studiati con rilevatore laser, che andranno a far parte di una mostra itinerante. Il futuro si intesse con il passato per donare una nuova vita alla tragedia dell’eruzione di Pompei.

 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui