Mentre il processo contro i tre uomini dell’equipaggio della “Summer love” va verso la chiusura con la requisitoria del pm, prevista per oggi, di fronte a un giudice si dovranno presentare anche sei ufficiali di Finanza e Guardia Costiera, che con inerzie e omissioni nella notte fra il 25 e il 26 febbraio 2023 avrebbero contribuito al naufragio di Cutro. A quasi tre mesi dalla formale chiusura delle indagini, riporta la Gazzetta del Sud, la procura ha chiesto il rinvio a giudizio per naufragio colposo e omicidio colposo plurimo per quattro finanzieri e due ufficiali della Guardia Costiera. Della Finanza, dovranno presentarsi di fronte al giudice per l’udienza preliminare Giuseppe Grillo, capo turno della sala operativa di Crotone e del Reparto operativo aeronavale di Vibo Valentia, il suo comandante Alberto Lippolis e il responsabile del controllo tattico del medesimo reparto, Antonino Lopresti, più Nicolino Vardaro, comandante del Gruppo aeronavale di Taranto. Della Guardia costiera sono Nicola Nania, ufficiale di ispezione del Centro nazionale di coordinamento per il soccorso marittimo della Guardia costiera di Roma e Francesca Perfido, ufficiale di ispezione della Capitaneria di porto di Reggio Calabria.
Dall’inchiesta, basata anche sulle comunicazioni fra i vari ufficiali e sottufficiali, sia su canali istituzionali sia su chat private, è emerso uno sconcertante rimpallo di responsabilità fra i due corpi durato oltre cinque ore. Le stesse che avrebbero permesso di intervenire in soccorso del veliero che nella notte del 26 febbraio si è schiantato su una secca della spiaggia di Steccato di Cutro, trasformando quel pezzo di mare in un cimitero. Il Mediterraneo ha restituito 98 corpi fra cui quelli di 35 bambini, ma a più di un anno da quella tragedia c’è ancora un numero mai chiarito di dispersi.
Ne dovranno rispondere anche gli ufficiali che quella notte si sono impegnati più in uno scaricabarile che nell’effettiva organizzazione di un’operazione di soccorso. Una superficialità che – emerge dall’inchiesta – sembrerebbe dettata dall’immediata identificazione del target. “So’ migranti, poi vediamo”, recita un messaggio inviato minuti dopo la prima segnalazione di un barcone in avvicinamento verso la costa. Quella notte c’era tempesta, ma l’operazione viene comunque qualificata come “law enforcement” e affidata alla Finanza, che con le sue navi era già rientrata in porto per le condizioni proibitive del mare. “Per il momento è un’attività di polizia, abbiamo una nostra motovedetta fuori che l’attenderà…mare permettendo”. Chi con le sue inaffondabili Cp avrebbe potuto raggiungerla, quando – seppur con molto ritardo rispetto alla prima segnalazione – la Finanza ha passato la mano, è rimasto agli ormeggi: “In mare non abbiamo nulla, poi vediamo come evolve la situazione, perché al momento non abbiamo nessun genere di richiesta di aiuto”.
Sullo sfondo rimane una pista forse mai esplorata, evidenziata dalla testimonianza dell’ex comandante del Reparto aeronavale di Vibo, che ai carabinieri di Reggio Calabria ha detto testualmente: “Quando sono arrivato in Calabria la Capitaneria di porto era molto restia a operare in mare in operazioni Sar laddove non c’era una situazione di conclamato pericolo. Questo aspetto dipendeva dall’approccio dell’allora ministro dell’Interno (Matteo Salvini, ndr) balzato agli onori della cronaca con il caso Diciotti. C’era pertanto un certo favore a che intervenissimo noi della Gdf”.