«Non ho mai toccato quei bambini e non sono mai rimasta a scuola da sola con loro». Si è difesa dalla pesantissima accusa di pedofilia che, da ormai 13 anni, pende sul suo capo respingendo ogni addebito. L.D. è una delle collaboratrici scolastiche della materna di Coperchia, l’asilo travolto nel 2010 dalla bufera della Procura che ipotizzò un giro di violenze ai danni di bimbi della tenerissima età e fece finire sei persone, tra bidelli e personale amministrativo, sul registro degli indagati. Ieri, davanti ai giudici della seconda sezione penale di Salerno, la donna – assistita dall’avvocato Gerardo De Filippo – ha voluto raccontare la sua verità in una delicatissima udienza a porte chiuse fornendo alcuni particolari che sembrano proiettare nuove ombre su una vicenda ancora tutta da chiarire. L.D. – una laurea in lettere che ha preferito mettere nel cassetto per non allontanarsi dalla sua famiglia e attualmente sospesa da lavoro dopo aver prestato servizio come bidella nelle scuole materne per 15 anni, ha spiegato di essere arrivata alla materna di Coperchia il 15 settembre 2009, dopo aver lavorato per 6 anni a Capezzano. «Un giorno, recandomi in bagno, trovai un alunno che si lamentava perché non riusciva a sedersi sul vasino. Lo accompagnai in classe e la maestra si rese conto che era pieno di lividi. Per tanto provvide subito a segnalare alla famiglia la circostanza». Ebbene, proprio la madre di quel bambino, poco tempo dopo formalizzò la denuncia facendo scattare le indagini. Un altro elemento singolare: la famiglia di quel bambino è l’unica che non si è costituita parte civile. L’inchiesta è scattata nel 2010: inizialmente sul registro degli indagati erano finite 11 persone tra bidelli, docenti e personale amministrativo. Dopo l’arresto nel maggio 2010 di Antonio A., bidello scarcerato però dopo soli 19 giorni dal Riesame, nel 2015 arrivarono le prime archiviazioni firmate dal Gip del tribunale di Salerno Elisabetta Boccassini. L’anno dopo, il rinvio a giudizio firmato dal gup Donatella Mancini: a processo finirono i due bidelli della materna A.A., 52 anni, e A.G. assistiti dagli avvocati Michele Sarno e Domenico Fasano; i due addetti alle pulizie L. D. e A.R. difesi dagli avvocati Gerardo Di Filippo e Cataldo Intrieri; l’impiegato amministrativo P.A. e l’insegnante C.E. difesa dall’avvocato Roberto Lanzi. Tutti, ad esclusione della maestra, sono accusati di violenza sessuale di gruppo e di pedopornografia per aver costretto i bambini, della tenerissima età, a subire vere e proprie violenze confermate dai piccoli nel corso dell’incidente probatorio quando i minori ricostruirono l’inferno degli abusi. Gli stupri si sarebbero consumati nella stanza dei giochi o nel bagno dove i piccoli sarebbero stati sottoposti a violenze sessuali anali ed orali. Diversa la posizione della maestra accusata di avere omesso il controllo sugli allievi a lei affidati accompagnandoli in altre aule e lasciandoli senza vigilanza permettendo così il consumarsi delle violenze ai loro danni.

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