Nel corso della mattinata odierna, a Capaccio Paestum, i Carabinieri della Compagnia di Agropoli hanno eseguito un provvedimento cautelare in carcere, emesso dal GIP presso il Tribunale di Salerno nei confronti di Giancarlo Rossi, 29enne del luogo, ritenuto responsabile dei reati di tentata estorsione, danneggiamento seguito da incendio e detenzione e porto abusivo di materiale esplodente, il tutto aggravato dal metodo mafioso. Il giovane cercava di intimidire le sue vittime rivendicando il ruolo del padre, condannato per 416 bis. Le indagini, condotte dal Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Agropoli con metodi tradizionali supportati da attività tecniche e coordinate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Salerno-DDA, hanno avuto inizio a seguito di tre attentati incendiari perpetrati tra il settembre e l’ottobre del 2014 ai danni di un autolavaggio ubicato in località Licinella di Capaccio Paestum. In quelle circostanze furono fatti esplodere degli ordigni rudimentali nelle immediate vicinanze della citata attività commerciale, creando gravi danni alla struttura e una significativa ripercussione negativa sull’andamento dell’esercizio. Le investigazioni, nel corso delle quali le vittime dei danneggiamenti hanno collaborato denunciando gli episodi e fornendo utili indizi per l’individuazione del colpevole, hanno consentito di: documentare la piena responsabilità di Giancarlo Rossi quale esecutore degli attentati incendiari patiti dalle vittime, con un danno arrecato pari a circa 70.000 euro; accertare il movente dell’escalation criminale, individuato nel rifiuto – nonostante le gravi e reiterate minacce fisiche e verbali patite – opposto all’indagato dalla vittima riguardo la consegna di un’ingente somma di danaro, indebitamente pretesa dal giovane, minacciando altrimenti di bruciare l’autolavaggio, come poi effettivamente accaduto; ricostruire le dinamiche degli episodi incendiari, mediante l’analisi delle diverse tipologie di ordigni utilizzati dall’autore (taniche contenenti carburante munite di innesco nel primo caso, “bombe carta” nelle ulteriori due occasioni) e delle immagini estrapolate dalle videocamere di sorveglianza, risultanze confermate dalla comparazione degli elementi raccolti con le attività tradizionali e tecniche intraprese.