Agli occhi del consumatore è importante la veste grafica dei prodotti nel suo insieme soprattutto in fase di acquisto dagli scaffali. Anche un semplice richiamo visivo alle principali caratteristiche grafiche di una etichetta possono generare confusione e indurre in errore il consumatore. Con una sentenza (di primo grado) che potrebbe segnare un punto di svolta per la protezione delle denominazioni di origine (e dei segni grafici che le contraddistinguono) il Tribunale di Salerno, dopo ben 16 anni di lite, ha dato ragione al Consorzio di tutela della Mozzarella di Bufala Campana Dop. Nel Luglio del 2000 gli ispettori del Consorzio hanno contestato ad un produttore incarti utilizzati per il confezionamento della mozzarella che “imitava servilmente” il marchio del Consorzio di tutela della Mozzarella di Bufala Campana DOP (che coincide con il marchio della Dop). La questione è approdata poi al Tribunale di Salerno. Il segno grafico oggetto di contestazione richiamava genericamente il logo della Dop pur non costituendo una esatta riproduzione ed “(…) anche se intrinsecamente diversi e materialmente inconfondibili (…)”. Il Tribunale di Salerno, dimostrando grande sensibilità e contestualizzando la fattispecie, si è spinto ad esaminare le modalità con cui i consumatori effettuano le scelte presso i punti vendita, rilevando che “(…) al fine di accertare l’esistenza della fattispecie della confondibilità tra prodotti per imitazione servile, è necessario che la comparazione tra i medesimi avvenga non tanto attraverso un esame analitico e separato dei singoli elementi caratterizzanti, bensì mediante una valutazione di tipo sintetico, ponendosi nell’ottica del consumatore e tenendo conto (…) che può essere determinata da percezioni di tipo immediato e sollecitazioni di carattere superficialmente sensoriale anziché da dati obiettivi (…)”. La pronuncia crea un importante precedente per la tutela delle denominazioni di origine. Non si parla solo di tutela limitata al nome ma viene riconosciuta una condotta sleale per chi imita (anche nei colori, quello in oggetto contiene i tre colori della bandiera italiana) i marchi che contraddistinguono i prodotti Dop e Igp. Occorre poi contestualizzare le modalità di scelta dei prodotti: i consumatori fanno la spesa in poco tempo, in maniera sempre più rapida. La possibilità di errore aumenta ed il Giudice del Tribunale di Salerno ne ha evidenziato l’importanza. “Anche il generico richiamo ai segni grafici che contraddistinguono le produzioni Dop costituisce un atto di concorrenza sleale – dichiara il direttore del Consorzio Pier Maria Saccani – Si tratta di una pronuncia importante che potrebbe suggerire una strada per tutelare le denominazioni e più in generale i prodotti italiani anche sui mercati esteri che sappiamo proliferano di prodotti contraddistinti da segni grafici che richiamano l’Italia. Infine – conclude il direttore – è importante sottolineare come il danno maggiore sia in questi casi nei confronti del consumatore finale che non è posto in condizione di compiere una scelta consapevole: questo elemento dovrebbe essere evidenziato anche a livello politico verso quei Paesi, fuori dall’Europa, che non offrono adeguate garanzie di tutela ai prodotti Dop e Igp” . Il Giudice ha definitivamente accolto la domanda del Consorzio inibendo al titolare dell’azienda l’utilizzo e l’eventuale rimozione del contrassegno di sua proprietà dagli incarti della mozzarella, condannandolo anche al pagamento delle spese processuali.