Alle prime luci dell’alba, i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Salerno, congiuntamente al personale della Polaria di Roma, hanno eseguito, presso l’aeroporto internazionale di Roma-Fiumicino, un provvedimento di custodia cautelare in carcere, munito del visto di internazionalizzazione, nei confronti di Marian Capatina, 32enne rumeno, ricercato dal 12 aprile, quando riuscì, per pochi giorni, a sottrarsi alla cattura nel corso dell’operazione “ANTIGONE”, condotta dal citato Reparto Operativo nei confronti di un gruppo di rumeni, dediti al reclutamento ed allo sfruttamento della prostituzione. Il 12 aprile 2014, infatti, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Salerno avevano dato esecuzione ad un provvedimento di fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Salerno nei confronti di 4 cittadini rumeni, per i reati di associazione dedita al reclutamento ed allo sfruttamento della prostituzione, lesioni personali aggravate, sequestro di persona e rapina aggravata.

L’indagine, condotta con metodi tradizionali supportati da attività tecniche, consentì in meno di un mese di smantellare un’organizzazione, con base a Santa Cecilia di Eboli, costituita da soggetti che favorivano e sfruttavano l’attività di prostituzione di donne rumene, assicurandone la relativa “protezione”, dietro l’imposizione di un corrispettivo fissato in 150 euro per ciascuna.

Le investigazioni, all’epoca disvelarono nei particolari le modalità con le quali avveniva la gestione del meretricio sulla fascia costiera ebolitana; l’organizzazione infatti si preoccupava che le connazionali da loro protette potessero fruire delle posizioni più favorevoli (gli spartifuoco più in vista ovvero le piazzole di sosta più ampie così da consentire alla “clientela” di potersi fermare senza recare intralcio) ad adescare i clienti, allontanando prepotentemente, con violenze fisiche e psicologiche, chiunque non fosse in grado di corrispondere il prezzo imposto per questo genere di “servizio”, esercitando così un vero e proprio monopolio dell’illecita attività in parola.

Al riguardo, gli stessi sodali, attraverso una precisa assegnazione di compiti, procuravano alle donne sfruttate una sistemazione alloggiativa per tutta la loro permanenza sull’area in esame, intervenendo sia per garantire loro riparo in caso di frequenti controlli da parte delle forze di polizia, sia per scongiurare episodi di violenza nei loro confronti da parte di altre prostitute di diversa etnia ovvero di “clienti insolventi”.


 

 

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