Una chat segreta su Telegram per scambiarsi le immagini più raccapriccianti: fotografie e video che avevano per protagonisti bambini sottoposti a violenze, in alcuni casi i loro figli. «Famiglie da Abusi» era il nome del gruppo social, creato da cinque padri che ora sono finiti in manette per possesso e divulgazione di materiale pedopornografico. Gli scatti illegali immortalavano i bimbi mentre subivano atti osceni e, in alcuni casi, ripresi di nascosto in momenti intimi. Gli arresti sono scattati a Roma, Bologna, Milano, Napoli e Catania. L’indagine, coordinata dal servizio Polizia Postale e delle comunicazioni attraverso il Centro nazionale di contrasto alla pedopornografia online, è partita dal Lazio per poi estendersi alle altre parti d’Italia ed è stata resa possibile dal monitoraggio social e dall’attività della polizia internazionale, che ha intercettato la prima immagine illegale: proveniva dal cellulare di un quarantenne romano, sposato e impegnato in lavori saltuari. Il passo successivo è stata una perquisizione a casa, con sequestro di computer e dispositivi informatici. L’uomo è stato arrestato in flagranza di reato per il possesso di materiale pedopornografico: centinaia di immagini e filmati.
Dall’analisi dell’apparecchiatura è emersa l’esistenza della chat dell’orrore: tra il materiale inviato sono comparsi video autoprodotti e fotografie della figlia minorenne dell’arrestato. I file erano stati divulgati anche all’esterno della chat, insieme a istruzioni su come tentare un approccio con un ragazzino: li aveva ricevuti pure un pizzaiolo di Anzio, che è stato denunciato dagli inquirenti. Ma il centro dell’inchiesta è il gruppo Telegram. Partendo dal cellulare del quarantenne, coordinati dal pm Eugenio Albamonte, gli operatori della Postale sono riusciti a identificare gli altri membri della banda.
Un quarantacinquenne bolognese, imprenditore, aveva condiviso un video autoprodotto nel quale un figlio minorenne subiva abusi: è stato arrestato su richiesta della procura di Bologna. Da lui, gli investigatori sono risaliti al terzo componente del gruppo: un dipendente del Comune di Napoli, denunciato a piede libero perché trovato in possesso di materiale pedopornografico. Il quarto membro della banda, bresciano, è stato a sua volta arrestato in flagranza di reato: nel suo computer e nel cellulare è stata trovata una grande quantità di materiale pedopornografico. L’uomo è coinvolto anche in un’altra inchiesta, avviata in Canada, in cui è accusato di violenza sessuale in danno della figlia.
La Postale di Roma è poi riuscita a identificare un altro soggetto in contatto con il primo indagato. I due parlavano in chat di abusi su minori e si scambiavano contenuti illegali e raccapriccianti. Si tratta di un cinquantacinquenne siciliano, che è stato arrestato. Le accuse sono pesantissime: l’uomo violentava la figlia e condivideva le registrazioni dei rapporti con gli altri pedofili. Nei suoi confronti procede la Procura di Messina. È indagata anche la moglie: sapeva degli abusi, ma non è intervenuta. Nei suoi confronti è stata emessa la misura cautelare dell’allontanamento dalla casa coniugale e del divieto di avvicinamento alla figlia.
Il quinto membro della chat segreta è un napoletano poco più che trentenne. A casa sua, prima di portarlo in carcere, gli investigatori hanno trovato circa 200 file pedopornografici. Con gli altri componenti del gruppo condivideva fantasie su atti sessuali con minori, allegando fotografie riferite a momenti della vita quotidiana familiare.