Blitz contro il clan dei Casalesi: 14 arresti in provincia di Caserta. Dalle prime ore della mattinata, i carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Caserta, coordinati dalla Direzione distrettuale Antimafia di Napoli, stanno eseguendo misure cautelari nei confronti di numerose persone ritenute responsabili di associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione, incendio, detenzione di armi e ricettazione. Uno dei destinatari del provvedimento, a capo del gruppo, dopo 24 anni di reclusione, appena in libertà, stava tentando di ricostituire una frangia del clan dei Casalesi. Sono 14 misure le persone finite in manette (9 in carcere e 5 ai domiciliari), con oltre 120 militari impiegati, un team SOS (Squadre Operative di Supporto), Nucleo Cinofili e Nucleo Elicotteri Carabinieri Pontecagnano. Tra gli episodi violenti compiuti durante le attività estorsive realizzate dal gruppo malavitoso capeggiato dallo storico affiliato alla fazione Schiavone del clan dei Casalesi, figura anche l’incendio di una vettura appartenente a una giovane coppia che non voleva lasciare l’appartamento in cui erano in affitto. Con al suo fianco persone di fiducia, tra cui anche dei parenti, dopo la scarcerazione Mezzero aveva anche ripreso a imporre le estorsioni agli imprenditori. Lo storico appartenente al gruppo Schiavone del clan dei Casalesi è stato scarcerato nel luglio 2022, dopo un lungo e ininterrotto periodo di detenzione iniziato nel marzo del 1999.

Malgrado fosse sotto libertà vigilata e, successivamente sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, secondo gli investigatori si è da subito adoperato per riorganizzare il gruppo criminale e affermare il proprio controllo del territorio. E tra le sue malefatte figura anche una tentata estorsione in danno di una giovane coppia per risolvere una controversia abitativa connessa con la resistenza opposta dai due nel liberare l’appartamento in cui erano in affitto, realizzata mediante minaccia e violenza ed in particolare culminata nell’incendio dell’autovettura di proprietà dei predetti. Le investigazioni hanno poi consentito di raccogliere gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati in ordine al tentativo di accaparrarsi la gestione di attività commerciali attraverso le quali reimpiegare proventi illeciti, ovvero nell’ottenere una tangente sulla compravendita di un capannone commerciale, del valore di oltre un milione di euro. L’indagine dei militari dell’arma, coordinata dalla Dda partenopea, è partita nel settembre del 2022 (poco dopo la scarcerazione di Mezzeri) e si è conclusa alla fine del mese di giugno 2023. Attraverso attività d’intercettazione telefonica e ambientale, supportata da servizi di osservazione e pedinamento, sono state documentare dinamiche e definite condotte che hanno riguardato vicende relativamente recenti nelle quali sono stati coinvolti affiliati al Clan dei Casalesi di diverso spessore, attualmente attivi nei territori di Grazzanise, Santa Maria La Fossa, Vitulazio, Capua, San Tammaro, Santa Maria Capua Vetere, Casal di Principe e comuni limitrofi. Non di minor rilievo, per l’impatto di allarme sociale che desta, la dinamica criminale accertata della ricettazione di mezzi d’opera e materiali da cantiere, che rientrava nelle attività del sodalizio. Infatti, nel corso dell’attività sono stati restituiti ai legittimi proprietari diversi autocarri e mezzi agricoli rinvenuti dai militari subito dopo i furti (valore stimato complessivamente in circa 40mila euro). Le indagini hanno altresì consentito di acclarare la disponibilità di armi da parte del neo gruppo malavitoso sgominato.

Tra gli indagati figura anche Carmine Zagaria, 56 anni, fratello dell’ex primula rossa Michele Zagaria, boss dell’omonima fazione della federazione mafiosa casalese. A Carmine Zagaria viene contestato di essere il mandante di una estorsione da 40mila euro avanzata nell’ambito di una compravendita di un capannone in località Torello della frazione Sant’Andrea del Pizzone a Francolise (Caserta) risalente al 28 marzo 2022. Secondo quanto emerso dalle indagini dei carabinieri, la richiesta prevedeva che dovessero essere corrisposti 30mila euro dal compratore e 10mila dal venditore. La vicenda ha però visto la convergenza su questa richiesta anche del capozona di Francolise il quale, invece, era intenzionato anche lui a imporre un «pizzo» da 40mila euro ma da suddividere in due tranche da 20mila per ciascuna delle due vittime, una delle quali venne anche minacciata e aggredita.

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