Penultima giornata di Settembre al Borgo con Giovanni Allevi e il suo concerto dell’Alien World tour protagonista stasera al Teatro della Torre per un evento attesissimo, visto che i biglietti sono andati esauriti in prevendita alla velocità della luce.

Dopo aver venduto qualche milione di dischi e dopo essersi scontrato con musicisti e puristi del suono classico, dopo aver conquistato le classifiche e aver suonato in una serie di luoghi celebri in Italia e nel mondo, continua il successo del pianista che approda a Casertavecchia con i brani del suo ultimo premiatissimo disco. «L’ho chiamato “Alien” – ha dichiarato il ricciolone nelle tante interviste promozionali del cd – ma non ha nulla di pericoloso o malvagio. Io non fuggo la realtà come nei film di fantascienza, ma la guardo da vicino con occhi da bambino. Attraverso la musica finisco per guardare le cose con incanto. Nella mia avventura artistica ho voluto esser me stesso e in un mondo in cui siamo soggetti a pressioni estranianti, essere se stessi significa essere alieni. In un mondo di forti, dove serve essere impeccabili, io non ho paura di affermare la mia imperfezione, la mia vulnerabilità. Siccome sono un hegeliano convinto e quindi ho la convinzione che uno raggiunge dei risultati e poi si migliora portandosi dietro il patrimonio di cose già raggiunte, in questo cd ci sono convinzioni del passato che ho mantenuto e cose diverse, nuove maturazioni e visioni cresciute in tempi più recenti. Tra le novità, ad esempio, mi sono concentrato sulla forma sonata: l’ho presa e l’ho riempita di elementi di contemporaneità, di nuove ritmiche, di andamenti armonici jazz. Così lavorando sulla forma sonata mi sono nate Tokio station e la Sonata in Mib Maggiore che sono le cose più diverse da quelle che ho fatto sino ad ora. E che definirei… una scelta azzardata, perché in un mondo di ascolti brevi, propongo delle trame musicali lunghe, che costringono un certo impegno nell’ascolto. E se posso permettermi questo azzardo lo devo ai miei fan, a tutti quei giovani che mi vogliono bene e mi seguono. È grazie a loro che posso permettermi certe libertà d’espressione. Il successo infatti e lo vivo sulla mia pelle quotidianamente altro non è che la possibilità di esprimermi liberamente. Quelli che mi seguono mi hanno aperto le porte del mondo: grazie a loro, l’ho già detto, non sono limitato agli standard della forma canzone, non ho l’ansia di scrivere un pezzo di tre minuti pensando che funzioni alla radio. In “Alien” ci sono dentro i ritmi che respiro, la musica che ascolto. C’è Thelonius Monk, Keith Jarrett, Chick Corea. E c’è anche Jovanotti, che dal punto di vista ritmico ha avuto una grandissima influenza su di me. E per finire direi che c’è anche tantissimo hip hop, questo non vuol dire che abitualmente ascolto anche rap e ritmi simili. Ad esempio quando sono in auto ascolto Mahler e – negli ultimi tempi – tanta musica del rinascimento e John Cage. Però tutti noi siamo immersi in un brodo musicale da cui non sfuggiamo e che anche inconsciamente acquisiamo. Semmai il problema è che sono troppi gli input che riceviamo, visto che viviamo nell’epoca dell’eccesso di informazioni. Per questo io – pur riconoscendo le influenze – insisto sempre nel lavorare sugli strumenti classici, perché mi riportano a qualcosa di essenziale, qualcosa di eterno”.

Vero? Falso? È un genio o un fenomeno costruito il giovanotto? Lui glissa signorilmente : ”Le critiche sono arrivate perché ho fatto davvero qualcosa di importante. L’artista destabilizza. L’artista che non crea dibattito ma solo ripetizione dello status quo, non infastidisce nessuno. E quindi sono fiero di non appartenere alla categoria di chi suonando lascia tutto come prima”. Allo spirito critico di ognuno l’ardua sentenza. A chi ha definito le sue composizioni “musica da ascensore” e a chi lo adora visceralmente, ritrovando in lui i geni dei grandissimi del passato. In ogni caso, piaccia o no, Allevi è una star, un musicista classico che ha centrato il successo nel mondo giovane. Ghiotta, quindi, l’occasione di ascoltarlo dal vivo stasera, in quello che da sempre è l’unico luogo che non mente sulla grandezza, presunta o vera, di un artista: il palcoscenico.

Nicola Di Santo

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