”Ormai questo film ha superato il confine strettamente cinematografico, e’ diventato un momento di riscatto sociale in Iran”. A parlare cosi’ e’ Babak Karimi, interprete nel ruolo di un giudice di ‘Una separazione’, la pellicola iraniana che ha vinto l’Oscar come miglior film straniero.

”Forse domani riusciro’ a realizzare quello che e’ successo” dice Karimi mentre festeggia in un appartamento romano dove abita. ”Quando ero piu’ giovane un amico, come si fa quando si e’ ragazzi e si sogna il futuro, mi disse ‘ma noi lo vinceremo mai l’Oscar?’ E’ stato poi un grande fonico di presa diretta, Bruno Pupparo, e questa sera penso a lui”, scomparso qualche anno fa. Il pensiero di Karimi non puo’ pero’ che andare subito anche all’Iran, dove l’entusiasmo, la passione e un vero e proprio tifo da stadio – per lo piu’ praticato sul web – ha accompagnato ‘Una separazione’ fino ad Hollywood, passando per tre orsi d’oro, un Golden Globe e non solo. ”Il web e’ impazzito. Per gli iraniani, per i giovani in particolare, e’ un grandissimo evento. A Teheran sono due ore e mezzo avanti, ma tutti stanno guardando la premiazione, anche chi deve andare a lavorare tra poco”, spiega Karimi staccando gli occhi solo per pochi secondi dallo schermo del computer su cui, su Facebook e oltre, manda e riceve messaggi a rullo continuo. Grande emozione anche per il discorso del regista di ‘Una separazione’, Asghar Farhadi, nel ricevere la statuetta: ”Il mio paese ha un patrimonio culturale enorme che e’ sepolto sotto il polverone della politica. Dedico l’oscar al mio popolo che e’ un popolo contrario alla violenza e che non e’ in guerra con le altre civilta’ e le altre culture”.

 

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