La purezza racchiusa in un cumulo di candide nuvole e il rigore delle forme del corpo scolpite nel marmo. Queste sono due delle atmosfere che devono aver ispirato Phoebe Philo per la collezione invernale di Celine, presentata a Parigi. Celine rappresenta la purezza con una tavolozza di colori candidi, dal bianco al pastello; il rigore con abiti che accarezzano le forme del corpo.

Su ogni posto a sedere c’e’ un trend book fotografico che sintetizza le suggestioni: immagini di nuvole, statue in marmo, trame di filati, ritratti. Ispirazioni precise, nette, che non lasciano dubbi. Le nuvole ricordano le opere dell’artista olandese Berndaut Smilde, conosciuto per le installazioni Nimbus in cui ricrea una nube naturale in una stanza grazie ad una macchina del fumo. Altre immagini sembrano ricordare le superfici bianche della serie Achrome dell’artista Piero Manzoni. Poi ci sono rimandi alle opere dell’artista inglese Sarah Lucas e alle sculture in feltro dell’artista olandese Stephanie Metz. Tutto si concretizza nelle 37 meravigliose uscite del defile’, di cui soltanto due con i pantaloni, il resto sono morbide gonne che si allargano sul ginocchio, abiti che scivolano sulle curve o hanno drappeggi all’altezza della vita che formano un grande fiocco e creano due ampi tasconi.

Poi morbida maglieria, cappotti oversize dalle forme cosi’ equilibrate da sembrare scolpiti. Geometrie e architetture anche da Chloe’, che veste una signorina dallo spirito indipendente con salopette, pullover jaquard dalle forme maschili, shorts, morbide camicette di seta e cappotti blu dai grandi tasconi d’ispirazione militare. Dall’attitudine metropolitana all’Oriente. Da Kenzo infatti il duo creativo Carol Lim e Humberto Leon ha studiato gli antichi templi asiatici e i loro pinnacoli, dove il simbolo dell’Occhio e’ protagonista. ”Nell’ex merceria di Kenzo Takada dove ci trovavamo per commissionari i nuovi tessuti – racconta il duo creativo – abbiamo scoperto grandi quantita’ di nastri in gros-grain di tutti i colori e abbiamo immaginato di ricostruire questi meravigliosi templi fatti di tessuti ricchi, coloratissimi e opulenti di jacquard dorato e lame’ stampato”. Ecco allora abiti a motivi drappeggiati incrociati, gonne a portafoglio, cappotti in lurex con maniche ampie, pantaloni in denim stampato laminato. Andranno a ruba, c’e’ da immaginarselo, felpe e maglie stampate col motivo dell’occhio.

Continua anche la collaborazione con Delfina Delettrez Fendi per i gioielli. Ispirazione orientale anche per Ennio Capasa da Costume National, che guarda all’etnia Miao. ”Sono donne essenziali con lievi tocchi di eccentricita’,” sintetizza Capasa. E la collezione e’ davvero minimal con camicie da uomo, giacche lunghe e doppio petto anche senza maniche, pantaloni slim fit o da uomo, gonne sovrapposte a pantaloni, abiti sono drappeggiati oppure a strati, ispirati all’etnia Miao. Tutto scorre attorno a pochi colori: blu notte, nero, bianco, terra bruciata. E’ un ”ethno-tailoring” come Capasa lo definisce.

La sartoria celebrata all’ennesima potenza va in scena da Comme des Garcon. Tutto parte dal completo maschile, cui sono ricamate rose giganti, drappeggi e increspature, in un arcobaleno di colori. Invece il patchwork e’ l’ispirazione della collezione di Jean Paul Gaultier, che ieri sera e’ tornato a sfilare nella Salle Wagram, dopo anni di defile’ organizzati in rue St. Martin dove ha sede la sua Maison. Altro ritorno alle origini riguarda la produzione della sua linea, che torna all’azienda toscana Gibo’, con cui Gaultier ha lavorato dagli esordi per 15 anni.

 

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