NAPOLI – Dopo il recente successo, ottenuto nel festival Illecite Visioni al Teatro Dei Filodrammatici di Milano, ritorna in scena, giovedì 13 dicembre 2012 alle ore 20.30 (repliche fino a domenica 16), alla Sala Assoli di Napoli, lo spettacolo Cuore Nero, scritto e diretto da Fortunato Calvino. Presentato da Metastudio ‘89, l’allestimento si avvale della presenza, in scena, di Ivano Schiavi, Pietro Juliano, Laura Borrelli, Angelo Borruto, unitamente alle musiche originali di Paolo Coletta, la voce solista di Angela Di Maso, le scene di Pasquale Galluccio, i costumi di Annamaria Morelli.
Cuore nero è il luogo dove la morte colpisce quotidianamente con spietata cadenza. Specchio di una realtà degradata, di solitudine e sopraffazione, dove amare sembra una colpa, una bestemmia. La cronaca riporta spesso come la camorra e la mafia ritengano “incompatibile” l’essere omosessuale ed essere parte di loro.
Il testo di Fortunato Calvino, vincitore del Premio Calcante 2009, è specchio amaro della vita reale, ribadendo come il crimine non paga e che a risentirne è anche il percorso individuale di accettazione. I due protagonisti, vittime e carnefici di loro se stessi, hanno scelto di delinquere, vivono un dramma interiore perché non accettano la propria omosessualità, ma anche il dramma di non essere accettati come omosessuali nel loro contesto sociale.
I due personaggi tratteggiati in Cuore nero, Tommaso e Pietro, sono anime scure, che si aggirano in una chiesa di periferia abbandonata, ai margini della città, dove trascorrono le giornate in attesa che il boss del quartiere li chiami per assegnare loro spedizioni di morte. Terra di nessuno, quel posto, in cui un’altra anima buia, Anna ’a Rossa, consuma fugaci incontri di sesso senza passione, indifferente ai colpi violenti dell’uomo di turno, inferti come pugnalate. I suoi clienti sono spesso giovani senza esperienze e qualcuno, come Rino, è scontento della sua vita e sogna di partire, per trovare altrove la felicità.
Tommaso e Pietro sono due cuori gonfi di rabbia e di violenza, pronti alle efferatezze più crudeli. Messaggeri di morte, trascorrono le loro giornate nella chiesa, mentre un caldo sole estivo, filtrando attraverso le vetrate, riscalda quel luogo abbandonato e alimenta una reciproca attrazione. Un desiderio che spinge uno verso l’altro, che i due tentano di sopprimere senza riuscirci, consapevoli che quella passione è incompatibile al “sistema”.
I protagonisti, belli e dannati, non sono eroi positivi, come giusto che sia. In quella periferia assolata, tra casermoni di cemento che svettano verso il cielo, l’amore, con i suoi valori assoluti, resiste, nonostante la violenza, i soprusi e la protervia di chi detta la sua legge di morte. Un testo politicamente corretto, che narra dei tormenti amorosi di due uomini, un dramma che attinge e rappresenta sapientemente il nostro quotidiano “agrodolce”, dove si mescolano sguardi d’amore e l’odiosa cultura della prevaricazione. L’omosessualità dei protagonisti rappresenta “il dolce”, la vita nell’illegalità, l’amaro.