NAPOLI – Svelare la verità che si nasconde dietro alle cose, senza mai nominarle, dimenticando quasi la loro ragione di esistere e la loro origine. E’ questo l’incipit drammaturgico da cui prende vita Malastrada, il coinvolgente spettacolo di Tino Caspanello che debutterà giovedì 7 febbraio 2013 alle ore 21.00, al Teatro Elicantropo di Napoli.
Presentato dalla compagine siciliana Teatro Pubblico Incanto, l’allestimento si avvale della presenza in scena, oltre allo stesso Caspanello, di Cinzia Muscolino e Tino Calabrò.
L’elaborazione suono è a cura di Giovanni Renzo, le scene di Tino Caspanello.
C’è un luogo in Sicilia, il suo capo estremo a nord est, che dovrebbe essere lo scenario di un intervento che ha occupato, e continua ancora a farlo, le menti di politici, ingegneri, società e tanta gente comune. Si tratta del progetto del ponte sullo stretto di Messina.
Malastrada è una riflessione a priori, attraverso il viaggio di una famiglia, madre, padre e figlio, in luoghi ormai cancellati, bui, dove scoppia la violenza ed emerge con forza l’incapacità di comunicare con i luoghi e le persone.
Con l’avvicendarsi di governi, economie e sistemi politici, l’idea del ponte sullo Stretto di Messina ritorna puntuale a impegnare dibattiti, oppure rimane sopita, nascosta, proprio come i mitici mostri Scilla e Cariddi. Non si discute qui della sua necessità, dell’importanza socio-economica, si parla d’altro.
Sarebbero distrutte case e strade, rasi al suolo cimiteri e nuclei boschivi. Sparirebbero mestieri e microeconomie e, dunque, intaccato pericolosamente il tessuto sociale, così delicato nei suoi equilibri già precari per annose, secolari questioni che ancora oggi fanno del meridione il “meridione”.
Riusciremo a mantenere intatta la nostra integrità morale di fronte al ricatto che ci obbligherà a cambiare casa, abitudini e modi di pensare?
Dall’Isola al continente il percorso è ingoiato dalla notte. I tre personaggi, padre, madre e figlio, lo affrontano come un pellegrinaggio, attraversando luoghi senza memoria e quindi senza identità. Anime vaganti e incattivite. Corpi come sagome che si stagliano nel buio. Vittime sacrificali del ricatto che violenta i territori, barattando l’Appartenenza con mostri di acciaio e cemento.
L’attraversamento, obiettivo finale del viaggio, incuneandosi come subdola promessa tra i legami affettivi, scatena il conflitto, il crollo definitivo della comunicazione, e trascina i tre protagonisti verso una violenza, che, sempre in agguato nel loro non dire, mette a nudo le miserie del ricatto.