POMPEI – Il 7 novembre 2012 sarà riaperto al pubblico l’Orto dei fuggiaschi. Si tratta di un ampio spazio coltivato a vigneto situato nell’area sud-orientale di Pompei (Reg. I, insula 21) così denominato per il rinvenimento, durante lo scavo avvenuto nel 1961, di ben 13 persone che cercarono scampo dalla furia del Vesuvio dirigendosi verso le mura della città nel tentativo di fuga dopo la caduta delle pomici della prima fase dell’eruzione nel 79 d.C. e che furono sepolti dalla cenere delle successive fasi eruttive.
Delle 13 vittime, adulti e bambini, fu possibile eseguire il calco in gesso con il metodo introdotto già nell’Ottocento dall’archeologo Giuseppe Fiorelli. Il metodo, ancora in uso, consiste nel versare gesso liquido nella cavità lasciata dal corpo nello strato di cenere solidificata che ne ha conservato intatta la forma.
Dopo lo scavo, il soprintendente dell’epoca, Amedeo Maiuri, ritenne importante conservare in sito questa testimonianza così significativa e si limitò a raggruppare in un settore dell’area i 13 corpi.
L’intervento di restauro appena concluso, eseguito con fondi della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei nell’ambito dell’attività di manutenzione ordinaria, ha interessato in particolare la sistemazione della struttura che ospita i calchi, migliorandone la funzionalità ed esponendoli in modo più consono al loro valore storico ma anche alla dignità che tali testimonianze devono assumere agli occhi di ogni visitatore.
Si tratta infatti dei corpi di esseri umani dell’antica Pompei che, a causa dell’eruzione, sono giunti fino a noi nel tragico momento della loro morte e che trasmettono ancora ai posteri la terribile tragedia da loro sofferta.
La loro rimozione per la risistemazione nella nuova teca, operazione particolarmente complessa, ha consentito inoltre di procedere al restauro dei calchi, limitato al minimo per conservare per quanto possibile integre le fattezze dei corpi restituite dallo scavo, e di predisporre un allestimento scientificamente più corretto con il posizionamento dei calchi su un sottile letto di cenere a memoria dell’eruzione che coinvolse le vittime e ne causò la loro morte.