Regalano altre preziose scoperte gli scavi archeologici di Pompei: cinque scheletri di giovani pompeiani in fuga dall’eruzione del Vesuvio nel 79 dopo Cristo, resti di oggetti in oro, vasellame e un urceus (contenitore) del prezioso galium (attuale ‘colatura di alici’, ndr). Accanto ai resti umani anche delle zappe, forse usate dai giovani per scavarsi un cunicolo tra la cenere e i lapilli oppure lasciate lì dai saccheggiatori di tombe. Poi, pochi metri più in là, gli scavi hanno restituito lo scheletro di un giovane uomo sepolto in una tomba sannitica, con corredo funerario maschile, privo di decori ma in elegante colore nero, risalente a circa 400 anni prima della devastante eruzione che distrusse le città di Pompei, Ercolano e Stabiae. Si tratta delle ultime scoperte della campagna di ricerca a Porta Ercolano della Soprintendenza di Pompei con l’École Francaise de Rome, le Centre Jean Bérard e il Cnrs. I ritrovamenti sono stati presentati oggi nel corso di una conferenza stampa a cui ha preso parte, tra gli altri, il direttore della soprintendenza Massimo Osanna. La scoperta della nuova tomba sannitica e del suo giovane defunto, è la terza nella necropoli che sorgeva in prossimità di un importante insediamento artigiano dell’antica Pompei. Una sorpresa per gli archeologi francesi, avvenuta soli tre giorni fa e che la Soprintendenza ha annunciato oggi al mondo. Ora, però, gli studiosi dovranno rispondere a ulteriori interrogativi sulla organizzazione, gestione e trasformazione, di questo intreccio tra spazio funerario e commerciale nell’area suburbana di Porta Ercolano. “Le scoperte degli ultimi giorni – ha affermato Osanna – confermano come Pompei riservi continue sorprese. Sapevamo che in questa zona esisteva una prolifera attività produttiva. E qui abbiamo trovato le botteghe dei vasai, fuori le mura, perché questa produzione implicava rumore, fumi, scarti di lavorazione. Credevamo che queste attività fossero state altamente indagate, poiché la zona fu oggetto di scavo già nell’800 con l’archeologo Giuseppe Fiorelli. Invece, qui, abbiamo trovato ancora tracce delle attività che si svolgevano e, con la fortuna che deve sempre assistere l’archeologo, abbiamo trovato anche tombe dell’epoca sannitica, risalenti alla fine del V, e inizio del IV secolo. Le indagini che seguiranno ci daranno informazioni su come in quell’epoca cambia il popolamento di Pompei”. Circa una settimana fa, invece, il lavoro dei corresponsabili del progetto, Laetitia Cavassa e Sandra Zanella, con la direttrice del Centre Jean Bérard, Claude Pouzadoux, è stato premiato con un’altra emozionante scoperta: nel cantiere di scavo di due botteghe artigiane, sono emersi cinque scheletri, tra cui quello di bambino. “Erano probabilmente in fuga dall’eruzione del 79 d.C. e avevano cercato rifugio in uno di questi locali, invece sono rimasti intrappolati e sono morti – racconta Claude Pouzadoux – successivamente, questo luogo è stato Devastato dai tombaroli del fine ‘700 e gli inizi ‘800, scavatori clandestini alla ricerca di oggetti preziosi e metalli. Il loro passaggio ha scomposto le ossa delle cinque vittime, che ora ci apprestiamo a ricomporre e a studiare. Ai saccheggiatori dell’epoca sfuggirono tre monete d’oro (tre aurei datati 74 e 77/78 d.C.) e un fiore in foglia d’oro, probabilmente un pendente di collana”. Poi ci sono vasi di diverse forme, alcuni anneriti dalla cottura. E c’è anche un’anfora dal collo allungato, un urceus, tipico contenitore per il galium, l’apprezzata ‘colatura di alici’ che ancora oggi viene prodotta dai pescatori della costiera amalfitana, come saporita salsa di pesce, un gustoso condimento della cucina meridionale.