Il nuovo decreto aiuti arranca. Il governo sta incontrando più di una difficoltà a trovare risorse adeguate per il pacchetto di sostegni contro il caro energia. L’asticella, per adesso, si è fermata a 8 miliardi di euro. Meno dei dieci miliardi che, fino a qualche giorno fa, erano considerati dai partiti la cifra minima per aiutare famiglie e imprese. Ieri il ministro dell’Economia Daniele Franco si è recato a Palazzo Chigi per fare il punto della situazione in vista di un possibile approdo del provvedimento nel consiglio dei ministri di giovedì. Le risorse per “coprire” il decreto arriveranno in parte dal maggior gettito fiscale di agosto rispetto alle attese. E il governo presenterà come di consueto una relazione al Parlamento per far approvare alle Camere una conferma degli obiettivi di indebitamento che, senza il decreto, avrebbero certificato un miglioramento del deficit. Ma una parte delle risorse arriverà da un «congelamento» di alcuni capitoli di spesa. Si tratta di un escamotage già utilizzato in passato dal governo per poter attingere in anticipo a fondi generati dalle entrate fiscali migliori del previsto. Spetterà al prossimo esecutivo poi, rifinanziare le spese una volta che l’andamento migliore dei conti pubblici sarà certificato nei documenti ufficiali del Tesoro. Ma cosa farà esattamente il governo con gli otto miliardi? Gli aiuti questa volta saranno dirottati soprattutto sulle imprese. Le aziende sono alle prese con aumenti shock delle bollette elettriche e del gas. In diverse parti del Paese piccoli imprenditori colpiti dalla crisi hanno iniziato a manifestare in piazza il loro malcontento bruciando le bollette. Per le imprese, dunque, arriverà l’estensione anche agli ultimi tre mesi dell’anno (ottobre, novembre e dicembre) del credito di imposta sul costo dell’energia. Le imprese cosiddette “energivore”, quelle che impiegano nei loro cicli produttivi grandi quantitativi di gas o di elettricità, avranno diritto a “scontare” dalle loro bollette il 25 per cento. Le imprese più piccole, quelle che invece consumano da 16,5 chilowattora in su di energia, dovrebbero poter contare su uno sconto del 15 o del 20 per cento (i calcoli sulla capienza dei fondi sono ancora in corso). Non è ancora certo, invece, il finanziamento di una cassa integrazione gratuita sul modello di quella Covid usata durante la pandemia, per dare ossigeno alle imprese che avranno bisogno di ridurre la loro produzione proprio a causa del caro bollette.
Una misura di questo genere estesa a tutte le imprese, anche se con un limite di soli due mesi, avrebbe dei costi comunque elevati. La soluzione potrebbe essere dunque quella di riservarla soltanto alle imprese energivore. Per queste ultime dovrebbero essere sbloccati anche i decreti attuativi necessari all’utilizzo di energia elettrica da fonti rinnovabili e di gas estratto dai giacimenti nazionali a prezzi calmierati. Ma mentre il nuovo decreto aiuti è ancora in fase di preparazione, quello vecchio approvato a inizio agosto inizia a dare qualche grattacapo al governo. Il documento è in discussione in Senato e oggi è calendarizzato in aula. Ma gli emendamenti non sono ancora stati votati. I nodi da sciogliere sono diversi. E alcuni decisamente complicati. Il più delicato riguarda la scuola, ossia gli aumenti legati al merito per gli insegnanti che superano tre cicli di formazione potendo accedere anche alla qualifica di «insegnante esperto» con un incremento della retribuzione di 5.650 euro. Questa norma fa parte delle riforme del Pnrr e alla sua approvazione è legato anche il pagamento della seconda rata di quest’anno del Recovery. Franco ha avuto una riunione con i capigruppo per provare a smussare gli angoli. Si starebbe lavorando a una sorta di compromesso per provare a salvare la sostanza della norma. Ma non si tratta dell’unico nodo. Il ministro avrebbe acconsentito ad approvare una trentina di emendamenti tutti rigorosamente «non onerosi». Tra questi però, non ci sarebbe quello fortemente voluto dai Cinquestelle sull’ammorbidimento della regola della responsabilità solidale tra cedente e cessionario sul Superbonus del 110%. Una norma che servirebbe a riaprire il mercato. Non è detto però, che l’emendamento non passi. I grillini sono molto determinati a farlo passare e, dunque, Franco avrebbe preso tempo in attesa di una relazione tecnica. Intanto non si ferma il dibattito sulla tassazione degli extra-profitti. Nel mirino sono finite anche le case farmaceutiche. Ma contro l’ipotesi di una tassazione si è schierato il presidente di Farmindustria Marcello Cattani. «È quanto mai non veritiero e inappropriato», ha detto, «parlare di extraprofitti di un settore che nel nostro Paese è un pilastro essenziale per la salute dei cittadini, l’economia e l’occupazione, cresciuta in questi anni di crisi molto più della media».