Il Gup del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere Raffaele Caparco ha rinviato a giudizio 15 persone per il crack della Firema Trasporti spa, azienda casertana che progetta e realizza veicoli ferroviari, oggi denominata Tfa e di proprietà della società indiana Titagarh. Davanti alla terza sezione penale compariranno il 23 maggio prossimo ex titolari, amministratori e dirigenti, la metà dei quali membri della famiglia di imprenditori napoletani Fiore: tra questi i fratelli Gianfranco, Roberto e Giorgio Fiore. Nel processo è costituita come unica parte civile la Cgil di Caserta, assistita in giudizio dall’avvocato Sergio Tessitore. Per la Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere che ha coordinato l’indagine, condotta dalla Guardia di Finanza di Caserta, i Fiore, tra il 2003 e il 2010, in qualità di titolari della maggioranza delle quote societarie della Firema, avrebbero posto in essere manovre finanziarie che hanno poi portato l’azienda allo stato di insolvenza verso i creditori, dichiarato con sentenza dal tribunale nell’agosto del 2010. Dopo il pronunciamento giudiziario la Firema fu sottoposta alla procedura di amministrazione straordinaria, prevista dalla “Legge Marzano”: la gestione fu così affidata al commissario di nomina governativa Ernesto Stajano che portò i libri contabili in Procura dando il via alle indagini. Il commissariamento si è protratto per cinque anni fino all’estate 2015, quando la Firema è stata acquistata da una cordata capeggiata dalla multinazionale indiana Titagarh e composta anche dalla società napoletana Adler. L’indagine sulla bancarotta, nel marzo 2014, portò agli arresti domiciliari i fratelli Gianfranco e Roberto Fiore, entrambi poi tornati in libertà. Nella circostanza, il Gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che emise l’ordinanza parlò di un dissesto da 54 milioni di euro attraverso operazioni definite “di ingegneria economica”.