
di Mario De Michele
Che la maggioranza non esista più lo hanno certificato gli stessi esponenti della coalizione civica che, com’era ampiamente prevedibile, nel giro di un anno si è trasformata in un covo di vipere. Nell’assise di ieri è andato in scena un vero e proprio psicodramma con il gioco al massacro contro Olga Diana, sfiduciata con addirittura 19 voti, dieci dei quali arrivati dai banchi della squadra di governo se si considera che l’opposizione è composta da 9 membri. Il primo campanello d’allarme è suonato pochi minuti prima dell’inizio dei lavori, quando l’assessore Tania Barella di Aversa Azzurra ha rimesso tutte le sue deleghe, eccezion fatta per quella alla Transizione ecologica. I già fragili equilibri nella maggioranza sono catastroficamente saltati dopo la votazione sulla sfiducia a Orlando De Cristofaro. All’appello sono mancati due voti. L’assessore all’Urbanistica si è salvato grazie a 12 voti contrari. Poi è scattato l’effetto domino che ha travolto Diana, letteralmente massacrata dai sui ormai ex alleati. Contro la sfiducia si sono espressi appena 6 consiglieri, tra cui quelli di Forza Azzurra, Gilberto Privitera della minoranza con dichiarazione di voto e un sesto al momento non individuabile perché si è proceduto a scrutinio segreto.

Da qui lo sfaldamento della maggioranza crollata in diretta streaming come un castello di sabbia. Luigi Dello Vicario ha inveito contro i “traditori”: “Vergognatevi, questa è una sfiducia al sindaco”. Stavolta non ha torto il consigliere di Aversa Azzurra. Nel bagno di sangue non è morta politicamente soltanto Olga Diana. È stato celebrato il funerale dell’intera coalizione nata, come si ricorderà, sulla base di un accordo tra amici. Non osiamo immaginare cosa sarebbe avvenuto ai danni dell’ormai ex assessore all’Ambiente se fosse stata una nemica. Forse sarebbe stato usato il napalm. Nemmeno l’opposizione ha mai adottato un approccio così violento contro Diana e l’intera squadra di governo, che pure non hanno brillato affatto nel primo anno di mandato. Ma Dello Vicario senior ha ragione nel rimarcare che la sfiducia a Diana è una sfiducia a Franco Matacena. La nomina degli assessori è una prerogativa della fascia tricolore, così come spetta a lui revocare i componenti della giunta. Nel consiglio di ieri si è palesata a tutta prima la poca dimestichezza politica del sindaco. Si sono rivelati disastrosi la sua tattica attendista, il suo dilazionare all’infinito, il suo parossistico temporeggiare. In politica i tempi sono fondamentali per evitare di farsi scivolare da mano il timone della barca. Ma è decisivo anche una guida più incisiva. Decisionista, quando serve.

Matacena ha deciso di non decidere, per di più sbagliando metodo quando ha finalmente preso una decisione. Il caso Diana è divampato più di un mese fa. Trenta giorni sono un’eternità. Eppure, si è giunti in aula senza che l’assessore avesse rimesso le sue deleghe al sindaco. E senza che il primo cittadino avesse preteso le deleghe per neutralizzare chi, all’interno della maggioranza, in primis Giovanni Innocenti e Alfonso Oliva, in fondo aveva come obiettivo mettere Diana al muro in pubblico. L’ex assessore ha le sue colpe, non vi è dubbio. Poco avvezza alla politica e troppo impulsiva. Peculiarità che non hanno giocato a suo favore. Ma in questa fase il più deludente è stato il presidente dell’assise Innocenti. Non si spiega come il leader di Aversa Moderata abbia sottovaluto la portata della sfiducia sull’intera maggioranza. Una linea ancor più inconcepibile per uno come Innocenti con un dna politico, oltre che istituzionale. È invece comprensibile, seppur allo stesso tempo autolesionistica, la tattica del vicesindaco Oliva. Essendo appeso a un filo, in quanto la sua presenza nell’esecutivo, peraltro con deleghe “pesantissime”, non trovava più giustificazione, il promotore di Aversa, Italia, ridotta a un solo consigliere, ha fatto all-in. Ma il progetto di “uccidere” Diana per rafforzarsi in giunta era deleterio in partenza, anche per sé stesso. Masochismo politico.

Nella situazione data a Matacena restano poche opzioni. Può scegliere se dimettersi o se azzerare l’esecutivo. Come terza via c’è quella della verifica politica per accertare se la maggioranza ha ancora i numeri per governare. In queste ore tutto è possibile. Anche l’ipotesi che il sindaco getti la spugna. Più probabile l’apertura della crisi. Che però equiparerebbe all’azzeramento della giunta, perché la conta dei numeri può partire soltanto dando un ruolo di primo piano ad Aversa Azzurra che vanta quattro consiglieri, non più due. In altre parole, l’esito politico della sfiducia a Diana si sostanzia con il rafforzamento di Gianpaolo Dello Vicario e company. Un disastro nel disastro. Poi c’è il quarto sentiero, quello che conduce dritto al ribaltone, alias pastrocchio con l’opposizione. Un atto antidemocratico in stile passata gestione. Una manovra di Palazzo che determinerebbe il massacro politico, amministrativo e personale di Matacena.
“Ca va sans dire” che, in tale sciagurata soluzione, il pontiere sarebbe Innocenti, già trait d’union in passato tra l’allora sindaco Alfonso Golia e il consigliere regionale Giovanni Zannini. Alla porta del presidente del civico consesso già hanno bussato diverse nocche. Da qualche giorno il suo ufficio è un andirivieni di esponenti della minoranza pronti al grande salto per accaparrarsi poltrone e prebende. In prima fila i democristiani di quart’ordine travestiti con abiti lisi di centrodestra e centrosinistra. Beh, è vero che Matacena ha poche carte in mano, ma giocarsi quella del ribaltone sarebbe imboccare la strada senza ritorno della pornografia politica. Per i prossimi 4 anni non potrebbe più uscire da casa.












