di Mario De Michele
Franco Matacena ha capovolto la clessidra. Da ieri i granellini scendono velocemente. Si accumuleranno sul fondo giovedì 25 luglio alle 9.00. Per quella data il sindaco di Aversa ha convocato il civico consesso. Se la seduta andrà deserta la seconda e ultima chance è concessa per il giorno successivo alla stessa ora. All’ordine del giorno due punti cruciali per il funzionamento della macchina istituzionale e per capire se la maggioranza inizia con il piede giusto. In assise approderà l’elezione del presidente del consiglio e verrà comunicata dal primo cittadino la nomina della giunta. Da qui ad allora serve l’accordo sull’esecutivo. Per adesso la coalizione civica ha cincischiato (clicca qui). Non è bastato un mese per stringersi la mano e consentire alla nuova amministrazione comunale di ingranare almeno la prima. Un bel po’ di tempo, troppo se si considerano le solenni dichiarazioni sbandierate in campagna elettorale: “Siamo un gruppo di amici che vuole la pacificazione e il bene della città”. Dalla prima prova del nove, l’intesa sulla giunta, di pacifico e amichevole è emerso poco o nulla. Sono affiorate invece posizioni contrastanti. Tutto nell’alveo di una normale dialettica. Quando in gioco ci sono le poltrone ognuno tira l’acqua al proprio mulino. Vale per la coalizione civica, per il centrodestra e per il centrosinistra. Non sono accetti i moralismi, né la demagogia sulla spartizione del potere. La rappresentanza istituzionale deve rispecchiare l’esito del voto. È la democrazia, bellezza! Ed è scontato alzare la posta. Esagerare, pure. Ma alla fine della fiera delle richieste bisogna avere la capacità politica di trovare un punto di caduta. Tesi, antitesi, sintesi, direbbe il filosofo. Non pretendiamo che l’hegelismo sia pane per i denti dell’attuale classe dirigente. Però dopo una cinquantina di incontri si deve tirare una riga. Altrimenti il tatticismo decapita la strategia. E ci rimettono tutti. A partire dalla collettività. Se la maggioranza guarda soltanto al domani e perde di vista i prossimi cinque anni significa che manca una visione complessiva della città. Questo il crocevia della morte, per citare i fratelli Coen. Se e come la maggioranza supererà il primo incrocio dirà molto sul futuro della coalizione civica. Sarà un’anatra zoppa con un incedere claudicante e a zig-zag o dopo il salto dell’ostacolo-giunta viaggerà a vele spiegate? Il punto interrogativo è d’obbligo. E qui introduciamo una riflessione che nemmeno le opposizioni consiliari mettono sul tappeto perché indigesta e impopolare: siamo davvero sicuri che una città come Aversa, senza enfasi tra le più importanti d’Italia, si possa governare con il civismo mettendo al bando la politica? Siamo certi che l’abiura dei partiti non alimenti un individualismo sfrenato? Pensiamo sul serio che la soggettività-personale sia più affidabile della soggettività-politica? Ovviamente la crisi dei partiti, con annessa deriva leaderistica e un crescente sradicamento territoriale, fa propendere l’ago della bilancia verso il civismo. Se però il civismo fa il paio con il trasformismo non è che stiamo messi meglio. Anche perché le “pratiche” sono sempre le solite, quelle di cui sopra: spartizione, lotte di potere, rendite di posizioni e via così. Sorge una domanda facile che presuppone una risposta complessa: il centro decisionale in mano a una cerchia ristrettissima è davvero più rassicurante ed efficace di una gestione tendenzialmente collegiale? Aversa sarà un laboratorio interessante. Per carità, siamo soltanto all’inizio ed è giusto concedere tempo a chi ha ottenuto il favore popolare. È altrettanto doveroso consentire a Matacena di applicare il suo sistema politico-amministrativo: “Governare la città come se fosse un’azienda”. Tutto lecito. Peccato che detta così ci viene in mente qualcun altro. Qualcuno che ha governato l’Italia.