Per la serie: la letteratura può essere più “reale” della realtà. Il racconto di Giosuè Bove, che pubblichiamo volentieri, intitolato “Di Negromanti, Signori Oscuri e piccoli Hobbit”, potrebbe essere ambientato in una qualsiasi città della provincia di Caserta. La prima che ci viene in mente è Maddaloni, ma giusto per citarne una. Nella storia raccontata da Bove ci sono Contee, signori oscuri orchi e cortigiani, eppure quelle vicende lontane sembrano identiche a quelle di casa nostra, a quelle di alcune nostre città, Maddaloni ad esempio. Ma dopo questa premessa gustiamoci il racconto di Giosuè Bove. Intelligenti pauca.
“Di Negromanti, Signori Oscuri e piccoli Hobbit”
Quando gli hobbit della Parte Sinistra della Contea Magdala chiesero al nuovo Borgomastro, un Elfo Femmina dal nome luminoso, Rosa del Sorriso, il cambiamento di una decisione assunta, nella calda estate dell’anno precedente, dal vecchio Borgomastro e dal suo Consiglio, tutti rimasero stupiti. Ma per spiegarVi questo stupore, cari lettori, sono costretto a fare un passo indietro e raccontarVi una storia di Negromanti e di Signori Oscuri. I Signori Oscuri si erano diffusi, durante la Quarta Era, nella Terra del Sud. Non era facile capire chi fossero, perché avevano grandi poteri ed erano capaci di rendersi invisibili e di confondersi con le ombre. Nella Contea del Castello con le due Torri, c’era chi sospettava che i figli di Catunio il Vecchio facessero parte di quella corte. I Sovrintendenti li osservavano da tempo, ma la giustizia hobbit, si sa, ha i suoi tempi. I figli di Catunio il Vecchio avevano accumulato un grande tesoro, trasportando con i loro carri, di qua e di là, le ceneri delle Fabbriche degli Orchi e – questo era un sospetto dei Sovrintendenti – facendole magicamente sparire.
I grandi Negromanti, padroni di queste Fabbriche nelle Terre del Nord, avevano infatti bisogno di allontanare dalle proprie contee quelle ceneri velenose. Così avevano mandato i propri ambasciatori ad incontrare i Signori Oscuri delle Terre del Sud e con loro avevano stretto un patto, firmandolo con il sangue e con l’oro. I Signori Oscuri si sarebbero occupati di far sparire le nere ceneri stregate e in cambio i Negromanti avrebbero donato loro immense ricchezze. Quelle ceneri però così come magicamente sparivano, così magicamente ricomparivano, anche dopo anni, rendendo velenosa l’aria e l’acqua, le verdure e i frutti e i prodotti dalle Terre del Sud sotto cui erano state seppellite, avvelenando gli animali e le persone umane e non umane. Quelle Terre già umiliate dalla guerra di conquista della Terza Era, quando gli eserciti del Nord avevano saccheggiato le ricchezze e ucciso e violentato le genti del Sud, adesso subivano una ulteriore offesa, con i propri figli condannati spesso a sofferenze inaudite e a morte e i propri prodotti, una volta vanto delle Contee, rifiutati dai mercanti e dalle genti del resto del mondo.
I figli di Catunio il Vecchio nell’estate dell’anno dodicesimo della Quinta Era avevano ricevuto un dono dal Borgomastro del tempo, Abbondio, senza il Don (scusate questa incursione manzoniana, ma quando ce vo, ce vo); un dono, che alcuni, i più maliziosi, dicevano fosse stato piuttosto un baratto. Ma che fosse l’uno o l’altro, sta di fatto che, proprio grazie al sostegno del gruppo dei Consiglieri legati ai figli di Catunio il Vecchio, il Borgomastro dell’epoca era riuscito a garantire una maggioranza sufficiente ad approvare quanto egli stesso aveva concordato con un altro Signore, Caltagiro il Grande, per la continuazione delle sua attività di distruzione delle colline, estrazione delle pietre e produzione del cemento. E in quella stessa seduta, per una strana “coincidenza”, avevano commentato ironicamente sempre i più maliziosi, quella stessa maggioranza del Consiglio della Contea aveva deciso di trasformare la vecchia cava di Catunio il Vecchio in una zona di insediamenti produttivi. Così quell’area, che oramai non aveva più valore e che anzi, dovendola ripristinare per l’attività agricola, rappresentava solo un costo potenziale, d’incanto tornava a valere, e tanto, forse più di 10 milioni di monete d’oro.
I figli di Catunio il Vecchio, insomma, tenevano fede al vecchio detto delle Terre del Sud: “nun s’abboffano manc’ e terr e’ camposante” e mentre continuavano a mettere da parte tesori trasportando neri veleni, non disdegnavano qualche “dono” nella propria Contea, difendendolo con il potere che la ricchezza gli consentiva. Pochi erano, fino ad allora, quelli che avevano avuto il coraggio di opporsi. Ecco perché, quando gli hobbit della Parte Sinistra della Contesa chiesero al nuovo Borgomastro di cambiare quella decisione si diffuse lo stupore nella Contea. E lo stupore fu ancora più grande quando questi hobbit chiesero di cambiare anche la contemporanea decisione presa l’anno precedente a favore di Caltagiro il Grande. “Come osano?” si chiesero i figli di Catunio il Vecchio. “Come si permettono” sì domandavano i vecchi orchi e i giovani servi, vociando contro il nuovo Borgomastro e contro gli hobbit della Parte Sinistra.
Ma le genti della Contea avevano saputo dei veleni sotterrati nelle loro terre, perché altri hobbit avevano in passato denunciato e documentato il disastro procurato dai Signori Oscuri e dai Negromanti e perché da tempo i prodotti della terra non si vendevano più e i figli della Contea morivano di mali oscuri. C’era, insomma, aria di rivolta e gli hobbit della Parte Sinistra incoraggiati, non solo chiesero di cambiare le decisioni, ma costituirono anche una nuova Compagnia dell’Anello. Purtroppo questa non è una favola, cari lettori, e non sono sicuro del lieto fine. Gli hobbit non sono eroi, sono persone piccole e normali, che vorrebbero vivere con serenità. Non bramano l’avventura, ma non riescono più ad accettare il sopruso e l’imbroglio. Questi piccoli esponenti della nuova Compagnia dell’Anello avranno contro i Signori Oscuri, i Negromanti, gli Orchi e i loro servi, ma so che ce la metteranno tutta.
Nonostante abbia le prerogative dell’autore (si fa per dire), però, davvero non posso dire chi vincerà questa battaglia. Lo vedremo insieme alla Riunione del Consiglio della Contea, dove le richieste saranno messe ai voti. E lo racconterò nel prossimo capitolo.
Giosuè Bove