di Vincenzo Viglione*
E’ interessante per diversi aspetti l’ultimo colpo inferto alla camorra casalese e che ha fatto stringere le manette ai polsi delle due figlie e della nuora dell’ex boss Francesco Bidognetti, conosciuto con il nomignolo di Ciocciotto ‘e mezzanotte. I particolari di questa operazione infatti stimolano una riflessione che personalmente vorrei sottoporre e condividere con chi legge sul peso apicale che stanno acquistando le donne nei clan. Un peso cresciuto nel tempo anche a seguito degli arresti e delle condanne dei boss storici. Da quando cioè, l’apparato camorristico che conoscevamo è stato sensibilmente smantellato e disarticolato da magistratura e forze dell’ordine generando dei vuoti che, come mostra anche l’impennata di violenza che opprime da oltre due anni Napoli e non solo, oggi sono le tessere di un puzzle molto più complesso e indecifrabile rispetto al passato. In questo vortice le donne passano dagli iniziali ruoli di supplenza a vere e proprie posizioni verticistiche, dettati essenzialmente da concrete necessità e bisogni. Necessità di mantenere un potere costruito da padri, mariti, figli e fratelli che una volta detenuti all’ergastolo o peggio morti ammazzati, sposta su di loro la barra di comando. Il potere finisce nelle loro mani rendendole a tutti gli effetti protagoniste di un ruolo che nell’immaginario collettivo ma anche nella storiografia era ad appannaggio prevalentemente degli uomini, generando una sottovalutazione pregiudiziale degli effetti che il potere criminale a guida femminile è capace di produrre. Effetti che oggi, sono drammaticamente evidenti nella preoccupante amplificazione della capillarità e della pericolosità dell’azione camorristica, e parlo in modo specifico del clan dei casalesi, organizzazione criminale notoriamente strutturata e coesa su schemi che ricordano le cosche mafiose. Bisogna considerare infine che se prima la camorra garantiva il welfare criminale, l’assistenza agli affiliati, ai loro parenti, le commesse alle aziende e ditte collegate ai clan, ora non è più così. La crisi è arrivata anche per loro ed è dovuta principalmente alle puntuali inchieste giudiziarie che ne hanno colpito i patrimoni e svelato i ‘trucchi’ per coprire il business del riciclaggio. Insomma, anche i camorristi sono in mutande, anche loro sono stritolati dal prosciugamento dei soldi facili che per anni è stato il principale elemento d’abbaglio per il reclutamento nelle maglie del “sistema” dei potenziali affiliati. Ora non è più così. C’è disperazione anche tra gli stessi componenti del cosiddetto “sistema” che allo spettro della privazione di quel benessere economico garantito e costruito su anni di illeciti guadagni, grazie ai traffici milionari, reagiscono con un sentimento di paura e di estrema violenza per cercare di assicurarsi una sorta di illusoria sopravvivenza. Insomma violenza che si somma a violenza. Come dimostra anche l’ultima inchiesta contro i casalesi.
*Consigliere regionale della Campania
Segretario Commissione speciale Anticamorra