L’azzardo vale tre miliardi. Tre miliardi e cento milioni per la precisione, quantomai necessaria per un governo che affanna nella ricerca delle coperture per la legge di bilancio. Ma la decisione di riallineare le accise sul diesel a quelle, più alte, della benzina, e quindi di aumentarle, contempla anche un seconda conseguenza, questa volta tutt’altro che conveniente per Giorgia Meloni: la sconfessione di convinzioni e promesse. Perché un intervento sulle in accise era sì previsto, ma in ben altra direzione. “Noi pretendiamo che le accise vengano progressivamente abolite”, disse la premier in un video, realizzato nel 2019, che la ritraeva a bordo di una macchina in una stazione di rifornimento.

Il dietrofront
Il dietrofront affiora nel Piano strutturale di bilancio 2025-2029, il documento che inquadra la politica economica dei prossimi anni. Non c’è solo la correzione dei conti da fare. Per spalmare l’aggiustamento su 7 anni, invece che su quattro, l’Italia dovrà fare anche le riforme. Tra le priorità indicate nel Psb c’è l’accelerazione dell’attuazione della riforma fiscale. E tra le indicazioni operative di questa volontà compare il riordino delle spese fiscali, le cosiddette tax expenditures. Il faro è puntato su “determinati ambiti di tassazione”. Ed è in questo passaggio che si fa riferimento all’allineamento delle aliquote delle accise per diesel e benzina. Il riallineamento implica un’equiparazione delle aliquote delle accise che oggi hanno un peso diverso. In pratica si punta a riportarle entrambe sullo stesso livello. L’accisa altro non è che un’imposta fissa inclusa nel prezzo del carburante che si paga quando si fa rifornimento dal benzinaio. Quella sulla benzina è pari a circa 73 centesimi su un litro di carburante, mentre quella sul diesel (noto anche come gasolio) è di circa 62 centesimi.

La stangata
L’aumento delle accise sul diesel andrebbe a ricadere sui possessori di auto a gasolio, ma soprattutto sul settore dell’autotrasporto, dove questa tipologia di carburante è più utilizzata. Le associazioni dei consumatori hanno già calcolato l’impatto della misura: “Si rischia una stangata da 3,1 miliardi sugli automobilisti”, denuncia Assoutenti. “Solo nel 2023 -spiega il presidente dell’associazione Gabriele Melluso – gli italiani hanno pagato un totale di 38 miliardi di euro a causa della tassazione (Iva e accise) che grava sui carburanti venduti in Italia”.

L’obiettivo del governo
Oltre ad incrementare il gettito che deriva dalla vendita dei carburanti, il governo punta al riallineamento delle aliquote delle accise “come leva strategica per conseguire simultaneamente gli obiettivi di incremento dell’efficienza del sistema fiscale italiano e sostegno al pieno raggiungimento della strategia di transizione energetica e ambientale a livello europeo e nazionale”, come si legge in altro passaggio del Piano strutturale di bilancio.

Così Meloni ha cambiato idea
Nel video del 2019, la leader di Fratelli d’Italia faceva i conti sul peso delle accise: “Su cinquanta euro, quindici vanno alla benzina e al benzinaio, mentre trentacinque vanno allo Stato tra Iva e le famose accise sulla benzina”. Disse che era “una vergogna” e che Fratelli d’Italia non solo chiedeva di non aumentare le accise, ma anche di ridurle progressivamente.

Gennaio 2023. ll governo Meloni non rinnova il taglio delle accise deciso dal governo Draghi. Nuovo video, questa volta da Palazzo Chigi. “Sono ancora convinta che sarebbe ottima cosa tagliare le accise sulla benzina, il punto è che si fanno i conti con la realtà con la quale ci si misura”. Poi una nuova promessa: “Sono convinta che prima o poi riusciremo a fare un taglio strutturale delle accise”. Intanto le accise vanno su.

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