Soppressione dei piccoli comuni, Vincenzo Filomena, Portavoce provinciale Democrazia Cristiana Avellino, boccia le scelte del governo. “Siamo convinti che per superare la difficile congiuntura economica, finanziaria ed occupazionale che investe il nostro Paese, ci fosse bisogno di accompagnare la manovra economica aggiuntiva con un’azione politica più coraggiosa e determinata,

capace non solo di garantire la sopravvivenza finanziaria delle casse dello Stato italiano ma di avviare, nel contempo, una fase di sviluppo e modernizzazione del sistema Paese. Ciò, presupponeva, a nostro parere, la necessità di avviare un confronto propositivo con la parte più responsabile dell’opposizione parlamentare al fine di perseguire un importante obiettivo comune e condividere le modalità per reperire ed allocare le ulteriori risorse necessarie per dare avvio alle riforme strutturali e agli investimenti di cui si ha urgente bisogno. Tutto ciò non è avvenuto e la politica ha mancato un’altro importante appuntamento, decidendo di rimandare “sine die” le riforme strutturali di cui il Paese ha urgente bisogno e limitandosi ad approvare alcune modifiche occasionali e confuse che produrranno più problemi di quanti ne siano potenzialmente in grado di risolvere. La filosofia a “saldi invariati” della Ragioneria di Stato prevale su una politica inadeguata che continua a degradare le proprie quote di credibilità ed autorevolezza, così come l’assenza di una qualsiasi sequenza logica nell’adozione di discutibili provvedimenti non può che generare dubbi e perplessità. Essendo ormai riuscita a fare rimpiangere la prima, la cosiddetta seconda Repubblica è giunta al limite del proprio di sviluppo e si avvia, verosimilmente, alla sua definitiva dissoluzione. Continuare a ritardare scelte politiche obbligate quali quelle necessarie per varare riforme strutturali condivise da una maggioranza parlamentare qualificata, significa operare in danno al Paese tradendo il proprio mandato. Sopprimere Comuni e Province per soddisfare una necessità di cassa adottando all’uopo delle discriminanti demografiche e topografiche, ammesso che sia costituzionalmente legittimo, risulta mera demagogia politica, se invece non lo fosse (come è probabile che sia) sarebbe una “follia” politica. E’ facile prevedere l’inizio di una dispendiosa guerra giuridico- amministrativa che contrapporrà lo Stato e le Regioni (che opereranno a tutela degli Enti interessati) dinanzi alla Corte Costituzionale, sia per conflitto di attribuzione dei poteri, sia per rilevare l’illegittimità di atti di Legge assunti con frettolosa ed incoerente superficialità. Solo un Parlamento di “nominati” può immaginare di convertire, entro i prossimi 60 giorni, un Decreto Legge che umilia e cancella la storia e l’identità culturale di collettività dotate di una forte sentimento di appartenenza territoriale e di Istituzioni che hanno fatto, come ebbe a dire il saggio Presidente Ciampi, la “piccola e grande Italia” .

 

Non ha senso continuare ad aggredire in maniera casuale ed incoerente una Costituzione che non è ancora stata compiutamente attuata, per esemplificare, basti pensare che da 10 anni assistiamo alla mancata istituzione delle città metropolitane e alla possibile, immediata e conseguente soppressione delle 12 Province afferenti alle relative aree metropolitane. Se la politica si riduce alle operazioni meramente “ragionieristiche” dettate dal ministro dell’economia protempore, possiamo certamente fare a meno della politica e qualsiasi somma impegnata in tal senso risulterebbe mal spesa e non giustificata. Il tema del taglio dei costi della politica esiste ed è concreto, ma esso si pone con grande forza all’attenzione dei cittadini per la sempre più manifesta incapacità della politica di esercitare in maniera dignitosa e utile la propria funzione. Rispetto al mancato e compiuto esercizio della propria funzione, ogni costo e spesa improduttiva addebitata al cittadino per il sostenimento di un ceto dirigente incapace di dare valenza ed efficacia al proprio mandato risulta ingiustificata e, quindi, oggetto di una legittima caducazione economica. Occorre riformare lo Stato e promuovere una riforma della Legge elettorale per riconsegnare agli elettori il potere di scegliere i propri rappresentanti in parlamento, consentendo ai cittadini di esercitare concretamente la propria sovranità. La Costituzione deve essere fedelmente osservata come Legge fondamentale della Repubblica non solo dai cittadini ma anche e, soprattutto, da tutti gli organi dello Stato.

Una legge che vuole eliminare Comuni e Province dovrebbe essere approvata dalle Camere sulla base di un’intesa fra lo Stato e le Regioni interessate. Avere la presunzione di abolire Enti ed Istituzioni senza adottare un procedimento costituzionale, senza possedere una visione strategica complessiva delle problematiche che si intendono affrontare e senza ottenere la necessaria condivisione delle popolazioni interessate, è mera demagogia e pura irresponsabilità politica. La politica ha il dovere di meglio impiegare questo scorcio di legislatura, una proposta utile quanto concreta potrebbe essere quella di promuovere una Commissione parlamentare per le riforme istituzionali presieduta da una personalità di garanzia come potrebbe ad esempio essere quella dell’ex presidente della Camera Casini. La responsabilità dei comportamenti politici ed amministrativi è nazionale, regionale, provinciale e comunale, per cui per consentire al Paese di uscire dalla crisi e continuare nel processo di integrazione europea, occorre promuovere un impegno politico unitario più responsabile e qualificato ad ogni livello”.

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