“L’altro giorno avevo parlato, sostiene l’ex consigliere comunale ed esponente dell’Udc, Ernesto Capasso, di abbandono, ma credo che, forse, la definizione esatta è la confusione . Una confusione che regna sovrana, al punto che due giovani consiglieri, con delega, si beccano come i polli di Renzo su di chi sia il merito per aver rifatto la segnaletica stradale nel versante santarpinese della via Martiri Atellani, definendola, con enfasi, riqualificazione urbana! Eppure basterebbe allungare lo sguardo fino all’ex-Municipio di Atella di Napoli per rendersi conto, come dimostra la foto, del degrado urbano e dello stato di abbandono generale di tale importante arteria. E diventa veramente incomprensibile la scelta di interventi ripetuti e con costi esagerati in aree contigue a quella dove insiste il Parco Archeologico. Come non si capisce ancora qual è il ruolo della “Unione dei Comuni Atellani”.

Una istituzione, afferma Capasso che in passato ha anche ricoperto il ruolo di assessore nell’ “Unione”, per bilanciare e far quadrare le tante richieste di visibilità e di potere, o il luogo dove dare veramente corpo ad un tentativo di gestione seria e democratica di alcuni importanti servizi quali l’ambiente, i rifiuti, la polizia comunale aspettative. La particolare situazione di crisi ambientale che investe il nostro territorio, al centro della “Terra dei fuochi” e dei veleni dovrebbe far prevalere il senso di responsabilità e rilanciare concretamente l’ “Unione” dotandola di risorse umane e finanziarie con l’obiettivo forte di mettere in atto politiche di contrasto nei confronti degli inquinatori e di quanti responsabili dei roghi tossici. Se non si intende realmente far decollare tale importante istituzione secondo le logiche della legge istitutiva, sarebbe meglio scioglierla. E, conclude Ernesto Capasso, quando parlo di confusione mi riferisco soprattutto a quella amministrativa che è esattamente il prodotto di un”modus operendi” della Giunta Di Santo, quella precedente, e quella attuale. Una gestione amministrativa e politica improntata ad una logica sistematica dell’uso improprio delle norme che disciplinano l’attività degli Enti locali.

Come è accaduto con le deleghe consiliari spalmate a 360 gradi e in dispregio di quanto dettato dal decreto legislativo 267/2000. Infatti, sottolinea Capasso, il decreto legislativo n. 267/2000, “distingue le funzioni spettanti agli organi di governo dell’ente locale attribuendo al consiglio comunale la funzione di indirizzo e controllo politico – amministrativo (art. 42), alla giunta principalmente compiti di collaborazione con il sindaco nella gestione del comune (art. 48) e al sindaco la responsabilità e la rappresentanza dell’ente (art. 50). A fronte della necessità di mantenere separate le funzioni di indirizzo affidate al consiglio e quelle esecutive riservate alla giunta, è comune opinione, supportata dalla giurisprudenza, che il sindaco non possa conferire ai componenti del consiglio l’esercizio di funzioni amministrative di governo dell’ente, aventi conseguentemente rilevanza esterna. La normativa attuale, infatti, impone la separazione dei ruoli tra organo esecutivo e organo consiliare, attribuendo a quest’ultimo le funzioni di indirizzo politico-amministrativo e di controllo sull’attività dell’ente.

Il consigliere quindi non può essere chiamato a gestire direttamente un settore dell’amministrazione per conto del Sindaco perché si troverebbe contemporaneamente nella posizione di controllato (in quanto consigliere delegato) e di controllore (in quanto consigliere).” Ma il sindaco Di Santo deve mantenere salda la sua maggioranza e non esita a piegare le legge ai propri interessi politico-amministrativi. E non si rende conto di essere il principale responsabile della confusione. Perchè questo “spacchettamento” delle deleghne, questo frazionamento non è un allargamento della partecipazione democratica, ma solo una parcellizzazione delle gestione del potere per il potere. Un modo per aumentare la confusione, i conflitti e lo spreco delle risorse finanziarie!”

 

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