E’ braccio di ferro sul nome di Fabrizio Saccomanni come successore di Mario Draghi al vertice di Bankitalia. La sortita di Giulio Tremonti, che ha rilanciato Vittorio Grilli alla guida di Palazzo Koch, ha provocato la reazione del Consiglio superiore di Via Nazionale, che ribadisce la necessità di scelte sulla scia dell’autonomia e dell’indipendenza dell’Istituto.
Concetti che anche per il Quirinale rappresentano la via maestra da seguire. Tutto ciò si sarebbe tradotto in una situazione di stallo nella complessa partita per la successore di Mario Draghi alla guida della Banca d’Italia. Anche se sembra essere sempre Saccomanni in pole, visti gli identikit forniti non solo da Bankitalia ma anche dall’opposizioni. E visti anche i requisiti richiesti dal Colle. Resta il fatto, però che nonostante la girandola di incontri e colloqui che, nelle ultime 48 ore, hanno coinvolgono il Quirinale, Palazzo Chigi, il ministro dell’Economia e l’attuale numero uno di palazzo Koch, la soluzione sembra ancora in alto mare.
L’ipotesi di una candidatura interna sarebbe gradita non solo al Capo dello Stato, si ragiona in ambienti di maggioranza e opposizione, ma anche caldeggiata dal board di via Nazionale. E avrebbe tra gli sponsor la stessa Bce. Ad alzare le barricate è invece il titolare di via XX Settembre favorevole, come Umberto Bossi, all’ascesa di Vittorio Grilli, attuale direttore generale del Tesoro. Una partita complessa su cui Berlusconi al momento sceglie di non forzare la mano sfruttando, spiegano i suoi fedelissimi, tutto il tempo a disposizione per arrivare a formalizzare un nome che eviti di aprire fratture profonde nel governo. Ieri ci sono stati nuovi incontri a palazzo Chigi e al Quirinale. A varcare il portone del governo è stato prima Mario Draghi, poi si è presentato Giulio Tremonti. Il numero uno di via nazionale si è poi recato dal Capo dello Stato. Montecitorio invece, complice il voto sulla mozione di sfiducia a Saverio Romano, è diventata la cornice per una serie di valutazioni politiche nella maggioranza sulla questione.
Il titolare del Tesoro viene fermato da diversi parlamentari e ministri tra cui Roberto Maroni. Se Bossi ieri mattina aveva espresso il suo gradimento per Grilli perché “di Milano”, il titolare del Viminale torna sull’argomento con Tremonti: “Ad agosto – gli chiede il ministro del Carroccio – avevamo detto che era meglio mandare uno che era indicato da Draghi”. Il titolare di via XX Settembre però sarebbe al momento irremovibile. Stessa cosa viene fatta filtrare da via Nazionale dove il Consiglio superiore dell’istituto centrale garantisce che sarà rispettata l’autonomia e l’indipendenza.
A seguire con preoccupazione l’intera vicenda è Giorgio Napolitano. E’ chiaro che il capo dello Stato è impegnato a far sì che siano rispettate tutte le procedure previste dalla legge alla ricerca di una soluzione che raccolga il consenso più ampio. Il bandolo della matassa è ora nelle mani del Cavaliere che si trova a dover fare i conti anche con la componente del Pdl ‘anti Tremonti’ che lo invita a non cedere alle richieste del ministro dell’Economia.