Niente piazze per Berlusconi in questa campagna elettorale: solo teatri e, naturalmente, Tv. Ad annunciarlo è stato lo stesso leader del Pdl, motivandolo con i rischi per la sua incolumità che avrebbero sollevato i responsabili della sua scorta. E mentre il Pdl è ancora alle prese con la querelle sulla presenza di indagati nelle liste, il Cavaliere ribadisce che in caso di vittoria punterà non a Palazzo Chigi, ma al Ministero dell’Economia, dove potrà attuare quello che non ha fatto in 20 anni, cioé una riforma della “macchina dello Stato”, che comporta una taglio di 80 miliardi alle spese.
“C’é una forte preoccupazione da parte di certe autorità nei miei confronti – ha affermato Berlusconi – mi hanno pregato di non fare discorsi nelle piazze”. “Ci fu un tentativo di uccidermi – ha aggiunto forse riferendosi al lancio della statuetta del Duomo – e adesso, con l’odio che circola, mi è stato espresso da coloro che hanno la responsabilità della mia scorta, questa preoccupazione”. Quindi le eventuali uscite avverranno solo in “teatri e palazzi dei congressi”. Se un certo grado di vittimismo è ingrediente tipico del messaggio di Berlusconi, l’altro è l’ottimismo, tirato fuori anche oggi: “una ragionevole fede nel successo – ha affermato – é essa stessa un fattore indispensabile per la vittoria”. Vittoria in cui afferma di credere, citando un nuovo sondaggio Euromedia secondo il quale il distacco dal centrosinistra si sarebbe ridotto a 4,5 punti e il Pdl sarebbe al 21%, cioé 5 punti più dei sondaggi ufficiali di altre Agenzie. Se la vittoria dovesse arrivare, poi, Berlusconi ha ribadito di non voler essere il premier e si è candidato piuttosto a fare il “Ministro dell’Economia e dello Sviluppo”, che oggi sono due dicasteri. Solo qui Berlusconi potrebbe toccare la “macchina dello Stato, che ci costa troppo, circa 800 miliardi”. I tagli alle spese sarebbero del 10%, quindi con una manovra da 80 miliardi, che però poi porterebbero ad un taglio delle tasse. Cifre che fanno impallidire la spending review. E in una prospettiva di vittoria Berlusconi ha pure detto di avere in testa il nome di un candidato al Quirinale che “so certamente essere molto stimato anche dalla sinistra”. In mattinata Berlusconi ha annunciato che sulle liste non è ancora stato deciso nulla, specie sulla presenza di indagatati, su cui si sono scatenate polemiche interne. Di sicuro, ha detto, non saranno candidati i condannati; tra l’altro il decreto anticorruzione con le norme sulle liste pulite li rende incandidabili. Invece su indagati e su personalità sotto processo, come Nicola Cosentino, Marco Milanese o Marcello Dell’Utri, deciderà “caso per caso” una Commissione. Ma il Cavaliere non chiude le porte: “Con la giustizia con cui abbiamo a che fare, che usa i poteri dei magistrati per attaccare gli avversari politici, noi che non siamo mai stati giustizialisti non possiamo che comportarci in questo modo”. Ma che ci sia un braccio di ferro lo dimostra la voce sulla proposta (sostenuta dal governatore Stefano Caldoro) di candidare in Campania il noto prete anti-camorra, don Luigi Merola, che però per accettare avrebbe preteso l’esclusione di nomi chiacchierati come il coordinatore regionale Cosentino. Ma la Diocesi partenopea, che dovrebbe autorizzare il religioso, esclude questa candidatura.