Silvio Berlusconi rompe gli indugi e convoca per oggi pomeriggio alle 17 l’ufficio di presidenza. Ora basta, questa guerra intestina ci sta solo danneggiando e togliendo voti. Riprendo in mano io il partito, fuori i traditori, si torna a Forza Italia e tutte le deleghe e gli incarichi vengono azzerati, io sono e resto il presidente, ha spiegato a piu’ riprese oggi Berlusconi. L’unica ‘concessione’ che l’ex premier potrebbe decidere di fare e’ di mettere ai voti del ‘parlamentino’ la nomina di un vicepresidente, ruolo che dovrebbe essere affidato ad Angelino Alfano.
Ma la proposta dovra’ passare al vaglio dei soli 24 componenti convocati: la maggioranza, sulla carta, e’ in mano ai lealisti, tra i partecipanti infatti solo cinque sono quelli annoverabili tra i governativi, e comunque l’ultima parola spettera’ al Consiglio nazionale (tra le ipotesi allo studio c’e’ di fissare l’appuntamento per l’8 dicembre, stesso giorno delle primarie del Pd). E tornano a spirare i venti di crisi: Berlusconi forzando la situazione e scegliendo la linea dei falchi, si riflette nel Pdl, ha scelto di giocarsi il tutto per tutto, compreso far saltare il banco, mai con chi vota la mia decadenza da senatore. E’ sin dalla mattina che le colombe sono in fibrillazione: le notizie che arrivano da palazzo Grazioli non fanno presagire nulla di buono, il Cavaliere vuole andare allo scontro, vuole la ‘conta’, e’ la sensazione dei filo-governativi che iniziano a temere l’imboscata oggi e tornano a minacciare la scissione, con la creazione di nuovi gruppi. Il problema, viene spiegato, e’ l’incognita Alfano. Nel faccia a faccia dell’altra sera, Berlusconi ha messo sul tavolo della ‘trattativa’ con il vicepremier la carica di vicepresidente di Forza Italia, per se’ il pieno timone del partito e poi la possibilita’ di un direttivo con esponenti di tutte le anime. O, in alternativa, due unici coordinatori, uno lealista e uno governativo. Il segretario, stando a quanto lui stesso ha riferito alle colombe, avrebbe preso tempo. Ci rifletto, avrebbe detto al Cavaliere. Ma avrebbe posto nuovamente la questione dell’investitura ufficiale quale unico e indiscusso successore alla guida del partito. Non solo: Alfano avrebbe anche chiesto di non essere ‘commissariato’ da un organismo direttivo – o due coordinatori – al suo fianco. Oggi tra i governativi e’ iniziato a circolare il dubbio che il segretario, messo da Berlusconi davanti alla scelta netta ‘o con me o contro di me’, possa tornare sui suoi passi e lasciare i governativi a loro stessi, mettendo anche in conto una scissione. Del resto, riflette un falco, l’anno prossimo a primavera ci sono le europee e Alfano non ha nessun interesse a presentarsi con un partitino che rischierebbe di non passare nemmeno lo sbarramento. Il timore di alcuni governativi, che finora hanno condiviso con Alfano la battaglia per la scalata al partito, e’ che il segretario ceda e ‘torni a Canossa’. Da qui l’agitazione delle colombe: al Senato, non a caso, i 23 firmatari del documento pro-fiducia a Letta hanno ripreso in mano il dossier ‘scissione’. Ma certo, viene spiegato, se Alfano si chiamera’ fuori l’operazione non avrebbe piu’ la stessa valenza e il rischio e’ che – ragiona un governativo – ci ritroveremmo isolati e residuali con i centristi. I fedelissimi alfaniani, pero’, garantiscono che il segretario non tradira’ le colombe: Alfano non vuole nessuna spaccatura e domani lavorera’ per l’unita’ del partito. Unica condizione irrinunciabile, viene spiegato, e’ la tenuta del governo.