“A Berlusconi dico ‘auguri’. Mi sfida?, francamente non vedo l’ora”. Pier Luigi Bersani sceglie Tripoli come prima tappa della sua prima uscita da candidato premier del centrosinistra dopo l’investitura alle primarie. E dalla capitale libica del post-Gheddafi accetta il duello che Silvio Berlusconi sembra intenzionato a proporgli: sfidarsi alle prossime elezioni politiche di primavera per guidare il governo dell’Italia. Nell’ennesima giornata di caos al Senato sulla legge elettorale, inoltre, Bersani chiede al centrodestra una parola chiara sulla riforma e stoppa le richieste del Pdl sull’election day.
A Tripoli il segretario del Pd si presta ad un vero e proprio tour de force ‘diplomatico’, in poche ore incontra le diverse anime della politica e delle istituzioni di un Paese ancora alla ricerca di un equilibrio dopo la sanguinosa rivoluzione che ha messo fine a 40 anni di regime. Bersani vede il capo provvisorio dello Stato e presidente del congresso Mohamed Mgarief, il ministro della cooperazione del nuovo governo e due leader politici di primo piano, tra cui l’esponente dei Fratelli musulmani. Infine una delegazione di parlamentari donne, elette al congresso nelle prime elezioni libere del paese. A tutti Bersani si presenta ricordando il netto risultato ottenuto domenica e si accredita come premier in pectore del nuovo governo italiano che uscira’ dalle urne. “Il partito e lo schieramento che rappresento – dice il numero uno del Pd – sono particolarmente vicini alla rivoluzione libica. E dal prossimo governo ci sara’ un disponibilita’ ancora piu’ forte e una collaborazione maggiore. Qui c’e’ tantissimo da fare, il cambiamento e’ grande e questo mondo e’ in evoluzione. Ci si chiede che l’italia ci sia e l’Italia deve esserci”.
Bersani ripete piu’ volte la necessita’ che il nostro paese recuperi un ruolo centrale nel Mediterraneo e auspica un confronto “piu’ serio di quanto non sia stato fino ad oggi” sulla politica estera. Ma non si sottrae alle domande dei cronisti sulle cose italiane, a cominciare dalla sfida lanciata dall’ex premier che in molti danno intenzionato a ridiscendere in campo per arginare la presa del potere da parte dei ‘comunisti’. “Auguri – replica Bersani – se questa e’ la sfida, non vedo l’ora”. Ma il numero uno del Nazareno polemizza apertamente con il centrodestra, respinge le richieste del Pdl sull’election day e chiede chiarezza sulla riforma della legge elettorale, che non a caso nel corso della giornata tornera’ ad impantanarsi a palazzo Madama. La riforma del sistema di voto e’ uno dei principali punti dell’agenda, dice Bersani, ma “il pdl dica una parola chiara, dica cosa vuole, perche’ alla ventesima proposta ancora non lo abbiamo capito”. No secco invece all’election day,soprattutto se questi significa anticipare di due mesi la scadenza naturale della legislatura. “A febbraio si vota nel Lazio – dice Bersani – il Pdl cosa vuole, che si anticipi il voto delle politiche a quella data? Lo dica chiaramente. Noi non siamo di questa opinione”.
Ma 48 ore dopo le primarie i giornalisti chiedono a Bersani che Pd sara’ quello uscito dall’esperienza della consultazione popolare. “Un partito che non e’ proprieta’ di nessuno – risponde Bersani – ne’ mio ne’ di renzi. Non ci sono i voti di renzi o quelli di bersani, c’e’ un grande collettivo aperto e plurale che lavorera’ insieme in un rapporto di fraternita’ e di amicizia”. Nessun ticket con il sindaco di Firenze, dunque? “Io non pretendo il monopolio del Pd, ma nemmeno che ci sia un duopolio. Siamo troppo abituati all’imperatore e all’uomo solo al comando – ripete – ma noi faremo il contrario dimostrando che non c’e’ un’alternativa tra discutere e decidere”. In settimana intanto, annuncia Bersani, il primo incontro “importante” dopo la vittoria alle primarie sara’ con il presidente del Consiglio, Mario Monti, “per vedere i temi di Governo”. Subito dopo l’esito del voto per le primarie “mi ha chiamato al telefono con una tempistica eccezionale – ripete il segretario del Pd – il primo incontro importante sara’ con lui”.