Il giorno dopo la vittoria delle primarie Pierluigi Bersani mette a punto la strategia per attuare il “governo del cambiamento” al quale punta. Uscito fortificato dai 45 giorni che hanno portato alla sua candidatura alla premiership, ora è al lavoro sia sul fronte esterno, per dimostrare la credibilità di un centrosinistra di profilo governativo, che su quello interno e delle alleanze.

Intanto, il suo competitor Matteo Renzi fa sapere di voler continuare a dare un proprio contributo “da militante e da sindaco” al partito ma, forte anche del quasi 40% dei consensi delle primarie avverte: “chi ha vinto rappresenti anche gli altri senza inciuci”. Non farà correntine, fa sapere, ma, sgombrato il campo da qualsiasi ipotesi di scissione, è logico pensare che lui e i ‘suoi’ puntino a contare all’interno del partito. Non esiste l’ipotesi di un ticket con il sindaco di Firenze ma Bersani sottolinea di vedere Renzi come “risorsa che come tutti sta nel nostro squadrone” e di immaginarlo più attivo all’interno della vita del partito rispetto al passato. In ogni caso, a Sant’Andrea delle Fratte la parola d’ordine è mettere a frutto la “bella avventura” delle primarie. E Bersani, non a caso, dice di puntare a un “governo del cambiamento”, in tutti i sensi, anche in quello “generazionale”. Un governo con Sel, sottolinea, ma anche aperto, e di certo “non fatto con il manuale Cencelli”. Anche perché in gioco c’é la credibilità del centrosinistra, anche se Bersani rivendica: “guardino il resto del paesaggio politico italiano e provino a riflettere se non sia il caso di venirci a cercare anziché farci le pulci”. Nel frattempo anche Nichi Vendola fa il punto con i suoi dopo le primarie. Una prova che, per il leader di Sel ha dato una chiara indicazione “a sinistra” e che “seppellisce l’ipotesi di un Monti bis”. Vendola, insomma, mette qualche ‘paletto’. Anche se Bersani a una domanda diretta su possibili problemi che gli potrebbero derivare dall’alleanza con Sel, che ribadisce, evidenzia che “il patto che abbiamo fatto comprende sui punti essenziali la cessione di sovranità, cioé il fatto che si decida a gruppi congiunti”. Vendola, tra l’altro, ritiene che con i numeri di queste primarie “vincerà lo schieramento progressista”, ergo, non saranno necessarie alleanze successive con l’area moderata. Molte sono, però, le variabili in questo senso da qui al voto e Pierluigi Bersani, che ha sempre detto di essere per un’alleanza tra i progressisti e i moderati non chiude le porte. Casini gli fa i complimenti per una “bella prova di partecipazione e una bella vittoria”, dopo di che – attacca – “mi sembra che abbiano fatto la scelta di procedere con Vendola alle prossime elezioni: naturalmente la nostra è un’opzione diversa”. Molto, sui futuri assetti dipenderà, comunque, dalla legge elettorale con la quale si andrà a votare. Il Pd non vuole rimanere con il ‘cerino’ in mano e ribadisce di voler cambiare il Porcellum e che i problemi, in questo senso, vengono dal centrodestra. Sempre in chiave di “cambiamento”, comunque, il Partito democratico si riserva, nel caso in cui la riforma non venga fatta, di fare le primarie per le liste bloccate degli eletti in Parlamento.

 

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