Le diplomazie sono ancora al lavoro ma le quotazioni sulla nascita di un governo Bersani sembrano, al momento, in picchiata. Il premier che ha ricevuto il pre-incarico da Giorgio Napolitano per tentare di formare un governo riferirà stasera al Colle, probabilmente intorno alle 18. In un colloquio che, almeno a guardare i segnali della nottata e di questa mattina, non si preannuncia facile.
Questa mattina Bersani ha ricevuto i rappresentanti delle delegazioni della sua coalizione e ha così chiuso le consultazioni. “Ci ha reso noto il quadro delle difficoltà che sta incontrando nelle interlocuzioni con le forze esterne alla coalizione”, ha detto chiaramente all’uscita Pino Pisicchio (Cd). Di qui l’ultimo appello che il Pd rivolge alle altre forze politiche. “C’é ancora spazio – ha detto Luigi Zanda uscendo dalla sala del Cavaliere – per risolvere in modo positivo la situazione: capita spesso che le partite, specie le più delicate, si risolvano nell’ultima fase, ma è necessario che tutte forze politiche sappiano assumersi le loro responsabilità”. Ma dopo che Silvio Berlusconi ha iniziato a dettare condizioni sul prossimo nome al Colle la via è strettissima. Nel frattempo, si sfila Scelta Civica. “A quarantott’ore dall’incontro con Pierluigi Bersani – dice a chiare lettere – poco si è visto delle proposte che avevamo sollecitato”. A questo punto se la partita si dovesse chiudere così Bersani potrebbe, comunque, provare a chiedere a Napolitano di andare alle Camere a verificare i propri numeri. E’ quello che dice Sel, dopo il colloquio con il premier incaricato. “Con rispetto per il Quirinale – dice Gennaro Migliore – riteniamo sia possibile andare ancora a verificare il consenso nelle Aule rispetto alla proposta” di Bersani. Ma, d’altra parte, il capo dello Stato nel delimitare il pre-incarico a Bersani ha indicato in maniera decisa la necessità che il segretario Pd gli porti a suo sostegno dei numeri precisi. Numeri che ormai è certo non verranno dai grillini. Tanto più che dal suo blog Beppe Grillo torna a ventilare, pur contro ogni parere costituzionale che “se l’Italia è senza governo (in realtà è in carica Monti) ha però un Parlamento che può già operare per cambiare il Paese. Non è necessario un governo per una legge elettorale o per misure urgenti per pmi o per tagli delle Province”.