“Il lavoro è la vera emergenza, che implica interventi immediati. Il quadro diventa ogni giorno più drammatico con moltissimi posti di lavoro in pericolo, un tasso di disoccupazione allarmante e gli ammortizzatori sociali a rischio.

Occorre un governo che faccia delle scelte, non si può lasciare il Paese nel nulla”. Così il segretario della Cgil, Susanna Camusso, che in un’intervista all’Unità sottolinea l’urgenza di azioni concrete per il lavoro e l’equità sociale. Come primo passo, occorre “sbloccare i pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni alle imprese, per non mandare a gambe all’aria tutti coloro che stanno ancora resistendo e dando la possibilità ai cantieri di iniziare i lavori”, spiega Camusso. “Poi bisogna delineare due o tre grandi indirizzi di politica industriale che ricomincino ad attrarre investimenti utilizzando esplicitamente anche le grandi imprese pubbliche, come Eni, che ha alti ricavi, e Finmeccanica”. Sul fronte della giustizia sociale, prosegue la leader sindacale, “non possiamo continuare a dare stipendi altissimi ai manager pubblici e delle imprese private e lasciare che i lavoratori continuino a percepire un reddito non sufficiente a garantire una vita dignitosa”. Parlando dell’attuale fase di instabilità politica, Camusso ribadisce il no alle “logiche del governissimo o dell’esecutivo di unità nazionale, perché si deve rispettare l’esito del voto”, che rappresenta anche “un segnale di grande sfiducia”. “La risposta che gli elettori si aspettano è quella di un governo politico che possa dare il via a misure concrete per migliorare le condizioni di vita, che guardi all’economia reale, ai redditi, ai posti di lavoro. Soltanto in questo modo – sostiene – si rafforzano gli interventi, altrettanto necessari, sulla trasparenza, la sobrietà e i costi della politica”. Per Camusso gli otto punti di Bersani “possono essere una risposta efficace, ma c’é bisogno di sviluppare quei titoli”. Inoltre “Ci vorrebbe più coraggio sul fronte delle politiche industriali, sul ruolo delle grandi aziende pubbliche, perché da lì si può invertire la rotta”.

 

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