E’ “sconcertante”, nel momento in cui la “questione morale pesa come un macigno sulla nostra immagine nel mondo e sul nostro futuro politico, economico e sociale” che la legge anticorruzione “sia da più di tre anni ferma in Parlamento e ancora in queste ore essa sia oggetto di più o meno aperto ostruzionismo”.
Lo scrive sul Messaggero l’ex premier Romano Prodi, sottolineando che il ddl va approvato “subito” e va accompagnato “da provvedimenti atti a limitare decisamente i costi della politica agendo in tre direzioni: una drastica riduzione delle esorbitanti risorse destinate a partiti, istituzioni e apparati pubblici; l’attivazione di controlli efficaci” e “l’obbligo di trasparenza nella gestione delle risorse pubbliche”. Tutte riforme che “non sono sufficienti se non accompagnate da una riforma della mentalità, della cultura e del costume” insieme alla necessità “che la politica venga interpretata come una funzione che può essere esercitata per un periodo più o meno lungo della propria vita e non un mestiere senza il quale non si riesce a campare”. Si tratta quindi “di rovesciare la cultura e l’etica pubblica che hanno dominato negli ultimi anni corrodendo la vita civile: il mito del successo facile, il ricorso alle scorciatoie per far carriera, l’idea che con il denaro si possa comprare tutto e tutti”. E “senza voler indulgere in processi sommari si dovrà prima o poi tracciare un bilancio delle responsabilità”. Ma l’etica, aggiunge il Professore, “deve essere tradotta in efficienti misure di buon governo” perché “vedo di fronte a questo degrado” che si usano “strumenti e decisioni che male si prestano ad affrontare i problemi del funzionamento della nostra economia e delle nostre istituzioni”. Non si può ad esempio, “buttare a mare il concetto stesso di autonomia regionale perché tanti assessori e consiglieri hanno rubato o hanno sbagliato. Non si possono fare le riforme solo con lo scopo di rincorrere i lazzaroni”.