La nuova legge anticorruzione, varata pochi mesi fa, non favorisce “imputati ‘illustri'”. E’ quanto sottolinea il ministro della Giustizia Paola Severino in una lettera pubblicata da Repubblica che il Guardasigilli ha deciso di inviare al quotidiano dopo “l’inconsueta durezza di alcuni articoli apparsi negli ultimi giorni”e “in particolare l’intervista a Piero Grasso” che “potrebbero portare – scrive il ministro – ad addebitare alla nuova legge, alla compagine parlamentare che l’ha approvata a larga maggioranza e al governo che l’ha fortemente sostenuta, eventuali esiti favorevoli a carico di imputati ‘illustri'”.
“Nell’interpretare la fattispecie di concussione per induzione – spiega Severino – si propone una lettura della norma che potrebbe offrire spunti per escludere dall’ambito del reato l’induzione in errore ad opera del pubblico ufficiale, mentre la precedente avrebbe impedito tale esclusione”. Ma confrontando il vecchio e il nuovo testo, prosegue Severino, si può verificare che “entrambi puniscono l’identica condotta del pubblico ufficiale che induce il privato a dargli o promettergli denaro o altra utilità”. Il ministro rimarca come “il parlamento e il governo, in un contesto non semplice, mi pare abbiano offerto una prima importante risposta al tema del contrasto della corruzione, introducendo, con molte difficoltà troppo spesso dimenticate, nuove fattispecie di reato. Così come credo non vada trascurato che le altre proposte di riforma o gli emendamenti presentati al disegno di legge anti-corruzione erano nel senso della totale eliminazione della concussione, ipotesi questa che avrebbe sì avuto significativi riflessi, azzerando tutti processi in corso. Dei progressi compiuti, l’Ocse ci ha già dato atto”. “Credo che tutti dovrebbero concordare – sottolinea Severino – che la strada maestra per lasciarsi alle spalle le polemiche del passato sia la riscrittura della disciplina della prescrizione. La soluzione non può invece certo essere quella, tecnicamente scorretta ma direi anche sostanzialmente ingiusta, di calibrare le pene di una fattispecie criminosa guardando solo agli effetti su singoli processi pendenti”. Pensando poi al suo ritorno alla “vita civile” dopo l’esperienza di ministro, e quindi il ritorno anche all’attività di professore, Severino sottolinea: “Di una cosa sono sicura: al mio ritorno potrò guardarli dritti negli occhi senza mai, in coscienza, dovermi rimproverare di aver ceduto a logiche di scambio”.