In attesa che l’assemblea elegga un nuovo segretario, seppur a termine, nel Pd non si sa neppure chi, sabato prossimo, farà la relazione visto che, ironizza Paolo Gentiloni, “non credo che Bersani voglia fare il segretario emerito”.
E anche il confronto tra le varie aree per individuare una figura di garanzia è ancora in corso: oggi Walter Veltroni si dice contrario ad un reggente che abbia un profilo simile ai favoriti, Gianni Cuperlo o Guglielmo Epifani, perché “serve qualcuno che rappresenti tutto il Pd, non uno che rappresenta mezza mela come se Letta fosse l’altra metà”. Pur dimissionario, Pier Luigi Bersani sta provando a fare dentro il Pd l’ultima mediazione per cercare una figura che possa traghettare il partito verso il congresso di ottobre. Ma nessuno dei due candidati più probabili, l’ex leader Cgil e l’ex segretario della Fgci, incontra il consenso unanime in un partito attraversato da sospetti e malumori, che fatica a riprendersi dallo scontro tra bande culminato nella vicenda dell’elezione del Capo dello Stato. Oggi interviene Walter Veltroni, rompendo un silenzio sulle vicende interne interpretato come un ritorno dell’ex segretario Pd. “Questa storia degli ex Dc ed ex Pci deve finire, quello non è il Pd, il problema non è avere due leader che parlano a due pezzi di elettorato, il problema è avere il Pd”, è la tesi con cui Veltroni stronca l’idea che, siccome a Palazzo Chigi c’é Enrico Letta, al Pd serve un segretario che sia espressione “della sinistra sociale”. Nomi non ne fa ma, tra i personaggi indispensabili per il Pd, Veltroni cita figure, come Sergio Chiamparino e Pierluigi Castagnetti, che vedrebbe benissimo anche alla guida del partito. L’ex leader, d’altra parte, non concorda neanche con la rotta, condivisa da larga parte del partito, di separare in vista del congresso la figura del segretario, eletta al congresso, e quella del candidato premier, scelto con le primarie. Ipotesi che, spiega un dirigente dem, piace sia a Massimo D’Alema sia a Matteo Renzi “per un’eterogenesi dei fini: uno si vuole riprendere il partito, l’altro è disinteressato al Pd e punta solo al governo”. Il sindaco di Firenze, che oggi viene definito da Carlo De Benedetti come “l’unico leader spendibile”, d’altra parte ha detto che per ora non ha intenzione di candidarsi a leader Pd ed i suoi, come il deputato Davide Faraone, bollano coloro che “parlano di ex Pci ed ex Dc come minoranza nel partito e nella società” con l’unico obiettivo di autoconservarsi. Il rischio di una chiusura del Pd, con un congresso per soli tesserati e senza primarie, è denunciato anche dall’ala “dissidente” del partito, come Pippo Civati, che non ha votato la fiducia al governo Letta. “Se faranno davvero così, il Pd ci toccherà farlo da un’altra parte”, avverte Civati che insieme alla prodiana Sandra Zampa ha aperto un nuovo fronte, chiedendo che la costituzione della Convenzione per le Riforme sia messa ai voti all’assemblea dei gruppi parlamentari. E un consiglio sul rapporto Pd-governo arriva da Fabrizio Barca: “Bisogna stimolarlo sulla base delle esigenze dell’elettorato. Personalismi e rancori possono essere superati se ci diamo un progetto strategico”.