Il ministro Giampaolo Di Paola ascolta stupito il collega Giulio Terzi annunciare le dimissioni. Quando è il suo turno di riferire alla Camera sulla vicenda dei due marò, Di Paola – ammiraglio – parla con il linguaggio dei marinai: “non abbandonerò la nave in difficoltà con Massimiliano e Salvatore a bordo, fino al mio ultimo giorno di governo”.

Fin dall’inizio del suo intervento, il ministro della Difesa tiene a prendere le distanze dal titolare della Farnesina. “Le valutazioni espresse dal ministro Terzi sul caso dei due Fucilieri di Marina – sottolinea – non sono quelle del Governo”. Il Governo ha infatti preso la decisione “collegiale” – anche se non unanime e probabilmente Di Paola era tra i contrari – di rimandare in India Massimiliano Latorre e Salvatore Girone ed a quella decisione il ministro-militare resta fedele. Non senza un forte travaglio interiore. “Mai come in questa vicenda – confida – il conflitto tra emozioni personali e responsabilità è stato così forte. Il necessario senso di responsabilità verso il Governo di cui sono parte e di cui ho condiviso le scelte ha prevalso”. Ed è stato lo stesso ministro a comunicare ai due fucilieri la brutta notizia che dovevano rientrare a Nuova Delhi, “guardandoli negli occhi”. Loro, prosegue, “abbracciandomi la sera del 21 marzo mi hanno detto: ‘Non ci abbandonate'”. E dunque, prosegue, “sarebbe facile lasciare, ma così verrei meno a quel senso del dovere verso le istituzioni che ho sempre servito, quale che fosse il prezzo, anche oggi, davanti a voi”. Di Paola cita quindi la “scelta dolorosa” dell’ammiraglio Bergamini, che il 9 settembre 1943 non abbandonò la corazzata Roma, nave simbolo della Marina italiana, colpita dalle bombe tedesche. Affondò assieme ad oltre 1.300 uomini di equipaggio. E dunque, conclude, anche se “sarebbe facile per me annunciare di rimettere il mio mandato, ma non lo farò. Farei ciò che tanti, forse tutti nel mondo militare, si aspetterebbero. Sarebbe facile ma non sarebbe giustò”.

 

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