Definirla rabbia e’ poco. Silvio Berlusconi e’ furioso, e lancia strali su tutti, dal Colle a Letta, si scaglia contro il Pd ma anche contro il suo partito, o almeno quella parte di Pdl che lo scorso 2 ottobre lo ha pugnalato alle spalle ridicolizzandolo.
Ora basta, e’ la reazione a caldo del Cavaliere appresa la decisione della Giunta del Senato a favore del voto palese. Questa e’ ormai una guerra, e non si puo’ restare nel limbo – si sfoga l’ex premier con i fedelissimi – Alfano e i ministri devono dire chiaramente da che parte stanno: il voto sulla decadenza resta lo spartiacque e quel giorno Berlusconi e’ pronto a giocarsi il tutto per tutto. Per la verita’, Berlusconi non si strapperebbe le vesti se i 4 pidiellini al governo lasciassero il partito. Tutt’altro discorso per il vicepremier: Berlusconi vorrebbe evitare la spaccatura finale, vorrebbe riportare a ‘casa’ il segretario detronizzato dall’ufficio di presidenza. Se Alfano resta a palazzo Chigi staccare la spina non servirebbe a nulla, e’ la riflessione del Cavaliere. Ed e’ a lui in persona – incalzato dal pressing dei lealisti, che insistono anche sull’anticipazione del Consiglio nazionale – che l’ex premier chiede l’ultima prova di fedelta’: sottoscrivi il documento del ‘parlamentino’ e dimettiti se il Pd vota la mia decadenza. C’e’ chi sostiene che l’ex premier potrebbe intervenire in Aula e rivolgere direttamente ai suoi ministri la fatidica domanda: da che parte state? Non e’, quindi, andato bene il faccia a faccia notturno tra Silvio Berlusconi e Angelino Alfano. Del resto, il Cavaliere sul piatto non ha offerto al vicepremier pietanze cosi’ allettanti, tanto da farlo ritornare sui suoi passi. Berlusconi, piu’ che ipotizzare per il segretario il ruolo di vicepresidente di Forza Italia, non si e’ spinto. Nessuna promessa su deleghe corpose, tantomeno su un’investitura ufficiale quale suo unico successore. Ne’, per finire, la garanzia che il nuovo soggetto azzurro non sara’ ‘balcanizzato’ dai falchi. Il tutto condito da una lunga requisitoria contro i ‘traditori’ – escluso il suo commensale – e le ambizioni personali che li muovono, fino a spingerli a pugnalare alle spalle proprio colui al quale devono tutto. Quindi, ora per Berlusconi e’ il momento della verita’: Angelino devi dirmi da che parte stai, se con i miei assassini o con me. Poco grave, invece, per l’ex premier se gli altri ministri superano il Rubicone. Tanto che, viene spiegato, l’incontro di ieri a pranzo con la delegazione governativa pidiellina era gia’ fortemente condizionato dall’esito del chiarimento con il vicepremier. Poi ieri mattina la telefonata di disdetta: il presidente sta poco bene, si sono sentiti dire i ministri dall’altra parte della cornetta (Quagliariello invece aveva declinato l’invito gia’ nella serata di ieri). Eppure, di li’ a poco a palazzo Grazioli sono giunti Bondi e Verdini, poi Gianni Letta e a seguire, diversi ‘falchi’, per chiudere con il capofila dei lealisti Fitto. Alfano, ancora indeciso sulle scelte da compiere (tra i governativi c’e’ il timore di fare la fine di Monti), non ha potuto tuttavia far altro che ribadire al Cavaliere che lui no, non lascera’ il governo per il voto sulla decadenza. E non, ha ribadito il titolare del Viminale, per tradimento bensi’ perche’ sarebbe una decisione sbagliata e controproducente. Non possiamo rompere noi, faremmo il gioco di Renzi e di chi vuole il voto anticipato, e’ stato il senso del ragionamento di Alfano, anche perche’ se andiamo ad elezioni anticipate chi sara’ il nostro candidato premier, visto che lei non puo’ schierarsi ed io non ho piu’ la guida del partito?, e’ l’interrogativo posto al padrone di casa. Ed e’ proprio questa la linea scelta dai governativi: invocare la stabilita’ non solo per il bene del Paese, ma anche per il bene del partito e di Berlusconi stesso. Insomma, per i governativi governo e decadenza devono rimanere due piani distinti, come ha gia’ ripetuto piu’ volte lo stesso premier Letta. E non e’ un caso se Alfano, nello scagliarsi contro la decisione della Giunta sul voto palese, si guarda bene dall’evocare crisi di governo o coinvolgere l’esecutivo. Ma riporta tutto nell’alveo della battaglia parlamentare. Il che la dice lunga sulle distanze, ormai siderali, tra Berlusconi e il suo ‘delfino’. Distanze che appaiono incolmabili agli stessi pidiellini tra le due ‘anime’. I lealisti vogliono lo scalpo dei ministri e non disdegnerebbero affatto la testa di Alfano su un piatto d’argento. Per questo, spingono il Cavaliere verso il voto. Ma la battaglia in corso sui numeri mette sul chi va la’ lo stesso Berlusconi. Intanto sia i lealisti che i governativi continuano a raccogliere firme e adesioni: i primi sostengono di avere dalla loro gia’ 650 esponenti del Cn, i governativi – che continuano a limare il documento, di cui circolano varie versioni – garantiscono di essere vicini alla meta dei due terzi dei voti.